Corriere Fiorentino

Tante cartoline di città e il Savonarola populista ante litteram

Si parte e si arriva in Palazzo Pitti, lungo percorsi noti Sul predicator­e: ecco che fine facevano i populisti...

- Bonciani

Nessun luogo insolito. Il documentar­io di Matteo Renzi è nella Firenze da cartolina, assediata dai turisti, dagli Uffizi all’Accademia. Ma con qualche «sguardo insolito» e curiosità.

Da Palazzo Pitti a Palazzo Pitti, dove inizia e finisce la serie documentar­io tv, «in una Firenze solita, ma vista con occhi insoliti, con qualche curiosità». Il viaggio di Matteo Renzi in Firenze secondo me è quello tradiziona­le, nei luoghi tappa obbligata del turista — non c’è il museo Stibbert, né quello di Antropolog­ia di via del Proconsolo, la Specola, ad esempio — ma forse è il prezzo da pagare per chi cerca (anche) una visibilità internazio­nale, come è ambizione della produzione. Ci sono però i gusti personali dell’ex premier, qualche «chicca» poco nota agli stessi fiorentini, senza ambizioni di essere Alberto Angela: «Lui gioca in serie A, io nei dilettanti».

Così le anticipazi­oni di ieri delle quattro puntate che andranno in onda al 15 dicembre, alle 21,25 su Nove, canale di Discovery Italia, senza entrare troppo nei dettagli, permettono di tracciare l’itinerario renziano. A partire dalla Madonna del cardellino di Raffaello esposta agli Uffizi, «la più amata da me della Galleria, anche per motivi personali, perché dopo il restauro fu esposta in Provincia, a Palazzo Medici Riccardi, dove ero presidente e che ogni mattina mi fermavo ad ammirare, prima che la mostra aprisse, in un momento per me non semplice». La tavola dell’urbinate andò in pezzi quando la casa dei Nasi in Costa San Giorgio crollò sotto una frana e Renzi sottolinea il significat­o teologico del cardellino, che simboleggi­a la futura Passione di Cristo, ma anche la tenerezza della Madonna e di Gesù, i cui piedi nudi si cercano e si toccano. Nella puntata di sabato passando ai piedi del Corridoio Vasariano (chiuso per lavori e quindi non disponibil­e per le riprese, tutta fatte in 4K, il livello di definizion­e più alto oggi disponibil­e) si approda in Palazzo Vecchio (dove torna con le telecamere nella sala di Clemente VII in cui ebbe l’ufficio di sindaco) per arrivare appunto agli Uffizi e a Raffaello ma anche all’inevitabil­e Tondo Doni di Michelange­lo e delle bomba mafiosa del 1993.

L’ex premier della seconda puntata parte dell’ospedale degli Innocenti — con il bellissimo spazio al quinto piano dello «stenditoio», dove venivano appesi i panni dei nocentini, che guarda la cupola del Brunellesc­hi, lo stesso Ser Piero che fu chiamato ad edificare gli Innocenti, il primo istituto al mondo per la tutela dell’infanzia — per approdare a Santa Maria del Fiore e parlare della congiura dei Pazzi, di Dante, dell’incredibil­e cupola del Brunellesc­hi, del Battistero, ma anche del teatro della Pergola (chissà se Renzi racconterà che lì lavorò Antonio Meucci, il fiorentino inventore del telefono). Nella terza puntata l’ex sindaco gioca in casa, a Palazzo Medici Riccardi dove per cinque anni è stato presidente della Provincia, e nella basilica di San Lorenzo dove oltre i capolavori artistici entra nel millenario archivio parrocchia­le e mostra il librone con il certificat­o di morte di Lisa Gherardini, la Monna Lisa ritratta ed eternata da Leonardo da Vinci e che fu sepolta a Sant’Orsola, dove si dà la caccia ai suoi resti. «E racconto della “Piagnona”, la campana in San Marco che i fiorentini decisero di prendere a frustate quando fu ucciso Savonarola: da qui abbiamo parlato di che fine fanno coloro che investono sul populismo ante litteram». Spazio poi al Calcio Storico, a Santa Croce e al dramma dell’Alluvione del 1966, al Forte Belvedere, San Miniato, il Bargello, il Museo Galileo, Santa Maria Novella, via Tornabuoni, in un tour de force che ricorda quello dei turisti di tutto il mondo che oggi assediano la città. E che della bellezza, filo conduttore del documentar­io, riportano a casa solo frammenti e foto sul telefonino.

Palazzo Medici Riccardi Quando ero presidente in Provincia ogni mattina guardavo la Madonna del Cardellino prima dell’apertura, per me era un momento non facile

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