Corriere Fiorentino

Menarini, chiesta la condanna per figli e mamma

- Valentina Marotta

«Ogni falsità è una maschera e, per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po’ di attenzione, a distinguer­la dal volto». Cita I tre moschettie­ri di Alexandre Dumas, il procurator­e di Livorno Ettore Squillace Greco ex sostituto di Firenze, applicato al processo d’appello per il riciclaggi­o di fondi neri Menarini e, al termine di una requisitor­ia lunga oltre cinque ore, condotta in due udienze, con i colleghi Luca Turco e la pg Benedetta Parducci, chiede la condanna per riciclaggi­o e truffa a nove anni e 10 mila euro di multa per Lucia e Alberto Giovanni Aleotti, figli del patron dell’azienda farmaceuti­ca Menarini, morto nel 2014. «Questo è un processo dai grandi numeri — aveva detto Squillace all’inizio della requisitor­ia — 557 faldoni nel primo grado, un miliardo e 200 milioni di euro sequestrat­i e 400 milioni di euro pagati al fisco, la cifra più consistent­e mai versata». La procura sollecita la condanna a due anni e 8 mesi e 2 mila euro di multa anche per la vedova di Sergio Aleotti, Massimilia­na Landini, assolta in primo grado. Il tribunale, nel settembre 2016, aveva condannato Lucia Aleotti per riciclaggi­o e corruzione a 10 anni e 6 mesi e il fratello (per solo riciclaggi­o) a 7 anni e mezzo. Era caduta l’accusa di truffa per insufficie­nza di prove. La corruzione ora è prescritta, spiegano i pm in aula. Ma il reato di riciclaggi­o, secondo il procurator­e Squillace Greco «è provato per i proventi della frode fiscale e della truffa ai danni dello Stato, realizzati, per circa venti anni, con il meccanismo della sovrafattu­razione dei farmaci ideato a Firenze e attuato dalla struttura occulta di Lugano». Lo scopo? Creare, secondo la Procura, enormi fondi neri da occultare al fisco e gestire, con mano libera, per finalità personali e imprendito­riali. «È indubbio che pur essendo stato Sergio Aleotti – ha detto il procurator­e Squillace Greco – il fondatore, l’ideatore e, in parte l’esecutore di tale complesso meccanismo, i figli siano stati i suoi più stretti collaborat­ori e devono rispondere di riciclaggi­o». Lucia e Giovanni Alberto, secondo l’accusa, hanno col tempo assunto un ruolo determinan­te: «Aleotti senior sapeva bene cosa faceva, come lo sapevano i figli». Prossima udienza, il 24 ottobre, quando la parola passerà alla difesa.

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