Corriere Fiorentino

«La carriera accademica è fatta per lui»

Una docente della Normale conferma la denuncia del direttore: donne penalizzat­e

- di Alessandra Bravi

«I numeri parlano da soli e sono impression­anti. Su 40 professori ordinari e associati, le donne che hanno una cattedra alla Scuola Normale di Pisa sono nove, compresa me. Il problema della scarsità di presenza femminile in ambito accademico è evidente». A parlare è Stefania Pastore, ex allieva della prestigios­a Scuola e una delle (poche) donne docenti della Normale.

In Italia l’assunto di base è: se una donna fa carriera ci deve essere qualcosa dietro

La Scuola Normale di Pisa festeggia oggi i 208 anni dal decreto napoleonic­o con cui la prestigios­a università venne istituita, nel 1810, come gemella in Italia della École normale supérieure di Parigi. Alle 15 è prevista la prolusione del professor Vincenzo Barone, che traccerà un resoconto dei progetti avviati dopo due anni di mandato di direttore. E proprio alla vigilia di questa importante ricorrenza, il direttore della Scuola ha voluto accendere i riflettori sulla disparità di genere ancora presente all’interno della Normale. In un’intervista rilasciata ieri al

Qn Barone ha usato parole molto dure: «Ogni volta che si tratta di valutare o proporre il nome di una donna per un posto da docente, si scatena il finimondo. Si parla di tutto, meno che di preparazio­ne, merito e competenze. Vengo sommerso da lettere anonime e notizia false diffuse ad arte volte a screditare la candidata, con espliciti riferiment­i sessuali, volgari e diffamator­i. Ma è possibile che non ci siano donne meritevoli di un posto alla Normale?»

«I numeri parlano da soli e sono impression­anti. Su 40 professori ordinari e associati, le donne che hanno una cattedra alla Scuola Normale di Pisa sono nove, compresa me. L’ultima, Annalisa Pastore, ha vinto il concorso ed entrerà oggi in ruolo come professore ordinario della classe di Scienze, ma il problema della scarsità di presenza femminile in ambito accademico è evidente e proprio per i motivi che ha raccontato il nostro direttore Vincenzo Barone».

A parlare è Stefania Pastore, ex allieva della prestigios­a Scuola e una delle (poche) donne docenti della Normale. Dal 2013 è professore­ssa associata in Storia moderna, ma il percorso per arrivare fin qui non è stato privo di ostacoli. Ieri il direttore della Normale, alla vigilia dei 208 anni della scuola d’eccellenza, ha denunciato la «macchina del fango» che anche a Palazzo dei Cavalieri si mette in moto ogni volta che viene proposto un nome femminile per l’assegnazio­ne di una cattedra: «Calunnie, lettere anonime, notizie false diffuse ad arte, spesso con l’aggiunta di risvolti volgari e riferiment­i alla vita privata. Non è possibile che non ci sia nessuna docente brava, preparata e meritevole di un posto alla Normale».

«Le lettere anonime sono una pratica molto diffusa — racconta Stefania Pastore — io stessa ne sono stata vittima quando vinsi il primo concorso da ricercatri­ce. Chi scrive si mantiene sempre anonimo e già questa è una cosa vigliacca. Quando colpiscono le donne, l’assunto alla base è: se una donna fa carriera, ci deve essere qualcosa dietro. Il merito, lo studio, le pubblicazi­oni non valgono niente. E su questo alla Normale, nei vari Atenei, in tutta l’Italia, siamo veramente arretrati rispetto agli altri Paesi». Stefania Pastore nel suo curriculum vanta diverse esperienze all’estero: Princeton, Harward, Columbia University. «Negli Stati Uniti restano sempre stupiti di fronte al nostro ambiente accademico così maschile. L’anno scorso, proprio alla Normale — racconta ancora la professore­ssa — ho tenuto un corso insieme ad una collega dell’Università di Yale e ad un gruppo di studenti americani. Sono venuti a trovarci qui per un seminario e la prima cosa che mi hanno chiesto stupiti è se in Italia è sempre così gender imbalance, ovvero se ci sono sempre così poche donne. Il sesso femminile non è adeguatame­nte rappresent­ato, anzi, è ostacolato. L’ambiente universita­rio per secoli è stato dominato da uomini, oggi è ancora a larghissim­a maggioranz­a maschile, come un club in cui la donna è guardata con sospetto, anche quando viene tollerata. Anni di femminismo, ma questo non è cambiato. E non è facile spiegarlo ai colleghi e alle colleghe che insegnano all’estero».

Eppur qualcosa si muove. Proprio all’interno della stessa Normale. Nel dicembre del 2016, Vincenzo Barone, pochi mesi dopo essere diventato direttore, promosse un nuovo criterio per l’assunzione dei professori di prima e seconda fascia (ordinari e associati), per riequilibr­are il numero di docenti tra uomini e donne. Nel regolament­o che stabilisce le modalità di reclutamen­to dei professori fu approvata dal consiglio direttivo, massimo organo di gover- no della Normale, la modifica dell’articolo 9, quello che disciplina la «chiamata»: a parità di merito e titoli viene data preferenza ai candidati che appartengo­no al genere in netta minoranza, in questo momento le donne. Due anni fa, nella sede pisana della Scuola, nessuna donna rivestiva il ruolo di professore di prima fascia nella classe di Scienze, a fronte di 12 uomini. Nella classe di Lettere e Filosofia, sempre per il ruolo di professore ordinario, c’erano due professore­sse e 11 professori. Oggi, due anni dopo, scorrendo il sito della Normale, ci si imbatte in un po’ più di volti femminili, soprattutt­o nell’area delle Scienze Umane.

«Ma siamo ancora poche — conclude Pastore — e molte di noi cercano di coniugare carriera accademica e famiglia, perché la società, oltre al maschilism­o imperante, non offre neanche aiuti per chi ha figli, per esempio. L’accademia non è per le donne e ancora meno lo è per le madri, perché non c’è uno straccio di politica a favore delle donne o della famiglia in Italia. Conosco colleghe che magari rinunciano a proseguire nella carriera accademica perché hanno dei bambini o solo perché ne hanno il desiderio. Per noi donne la carriera è un surplus di fatica e il tetto di cristallo non si rompe. Io ho due figli e ho le difficoltà che hanno tutte le donne nel conciliare il lavoro con il mio ruolo di madre. Per questo è importante che se ne parli. Questa è una battaglia che ci riguarda tutte. Essere donna non significa avere meno meriti o essere meno adatta a ricoprire ruoli importanti, in ambito accademico o in qualsiasi altro posto».

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Il direttore della Normale Vincenzo Barone. Sopra, la vetrata con il simbolo della Scuola

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