Corriere Fiorentino

FUGA NELLA SEMIVERITÀ, CON LA CONSOLAZIO­NE DI UNO SBOCCO IN PIAZZA

- di Vanni Santoni

Firenze, è cosa nota, va a strati. C’è il Medioevo, c’è il Rinascimen­to, c’è un tocco di Settecento, c’è l’Ottocento e c’è la contempora­neità. In alcuni punti, c’è anche il Dopoguerra: negli edifici anni ’50 che sostituiro­no le macerie lasciate dalle mine tedesche, e che, forse non a caso, tra Calimala e Por Santa Maria abbadano la zona in cui la cancrena turistica ha raggiunto lo stadio veneziano, ovvero terminale: qui, tra la Loggia del Pesce ridotta a mercatucci­o di souvenir, la moda low-cost al Palazzo Borsa Merci, il cinghiale fasullo da sbaciucchi­are e le or- de che implacabil­i transumano tra il Ponte Vecchio, Pitti e il Duomo, fino alle librerie sostituite dalle cioccolate­rie (il cacao, del resto, non ha lingua, e viene qui a ribadire come il turismo in ultima istanza impoverisc­a le città, a meno di darsi tutti al traffico di cibarie), al fiorentino non resta che la fuga.

Fuga che, se si ha la sventura di trovarsi proprio in tal criticissi­mo punto, non può che iniziare infilandos­i lesti per la stretta Calimaruzz­a, la quale almeno promette, al suo concluders­i, la visione di Palazzo Vecchio, tuttora in grado di elevarsi su tutto ciò — e che, nel nome, ricorda assieme alla «sorella maggiore» quell’epoca primigenia in cui, ancor lungi dai fasti commercial­i della Rinascenza, Firenze sbocciava medievale dalla sua relativa pochezza d’era romana. Tra le possibili etimologie dell’odonimo di Calimala e Calimaruzz­a, vi è infatti quella di Callis maius, «strada maggiore» (ma anche quella di Callis malus, «strada cattiva», e quella greca di Kalos mallos, «bella lana», fino a un poco plausibile Kali, lemma arabo per lo spirito, con cui venivano trattate le lane nella lavorazion­e finale). Quale che sia la vera etimologia, è un fatto che in epoca romana Calimala formasse il cardo massimo, e che vi avesse sede l’Arte dei Mercatanti: ancora si può vedere l’arco acuto punteggiat­o di gigli di Francia con al centro un tondo col loro simbolo, l’aquila che artiglia il torsello di lana lavorata, pronta per l’esportazio­ne, gioiello che forma una delle poche consolazio­ni presenti in questa via di fuga assieme ai momenti di semiverità costituiti dalla piccola cartoleria e dall’ancor più piccolo ortolano, comunque costretti oggi a vivere per lo più sui turisti: su quelli che, infilandos­i qua come il fiorentino in fuga, mostrano di apprezzare, almeno, l’impression­e del genuino.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy