Addio Europa, i giudici beffano la Fiorentina
Da Cagliari a Salerno, le sconfitte politiche viola. Col pensiero a Franchi
La doccia fredda arriva da Losanna all’ora di pranzo. Il Tas, il tribunale per gli arbitrati sportivi, ha scelto di accogliere il ricorso del Milan riammettendolo in Europa League ai danni della Fiorentina.
Negli anni settanta la Fiorentina viveva ancora sulla spinta della simpatia del decennio precedente, quando la squadra ye-ye di Chiappella piaceva a tutti e infatti lo scudetto vinto nel 1969 venne salutato da applausi convinti e generali. Era una società povera, che si arrangiava come poteva, ma il potere calcistico lo aveva un ex segretario viola, Artemio Franchi, e la circostanza aiutava.
Ad essere del tutto sinceri, due sciagurati campionati, quello del 1971 e del 1978, vennero archiviati con una faticosissima salvezza anche per l’aiuto disinteressato di Juventus e Inter. Il caso volle che a finire in B fosse sempre il Foggia, che non ha mai dimenticato. Come spesso accade quando si vogliono scalare le posizioni per farsi largo tra i potenti, le cose cambiarono con l’avvento dei Pontello e così lo slogan «meglio secondi che ladri» del maggio 1982 è diventato un pensiero fisso variamente modulato a seconda delle circostanze. Dopo la sentenza del TAS di ieri, il motto ora potrebbe essere «meglio corretti che a Sarajevo».
La madre di tutte le ingiustizie viola, cioè lo scudetto scippato a Cagliari, ha un retroscena quasi da commedia dell’arte. Il lunedì precedente l’ultima di campionato la Fiorentina chiede esplicitamente che in Sardegna e a Catanzaro dove giocava la Juve fossero designati due arbitri internazionali, senza specificare chi, dando per scontato che fossero scelti Casarin e Agnolin. Furono invece mandati Mattei e Pieri e come andò a finire lo sanno tutti. È una ferita profonda: Ranieri Pontello si allontana dalla Lega (era consigliere) e a tutti va bene così, perché tanto si sa com’è Firenze: brontolona, innamorata persa della propria squadra, incapace (per fortuna) di rivolte veramente violente. Nella seconda metà degli anni ottanta i Pontello ingaggiano come responsabile per i rapporti col palazzo Pier Cesare Baretti, gran signore del calcio ed ex presidente della Lega, un gentiluomo che sa come muoversi. Nel dicembre del 1987 Baretti muore in un incidente aereo e al suo posto arriva Renzo Righetti, ex designatore arbitrale, che però non ha lo stesso carisma. E infatti il nuovo decennio si apre con la follia di Avellino e stavolta si sale di categoria perché viene chiamata in causa l’Uefa che costringe la Fiorentina a giocare in Irpinia, in un feudo juventino, la gara di ritorno della finale contro la Juve. La causa? Un imbecille che a Perugia, dove i viola giocarono tutte le gare in casa, provò a entrare in campo.
Con Cecchi Gori le cose non vanno meglio. Alcuni oggetti lanciati dalla tribuna portano a una severissima squalifica del campo dopo la semifinale col Barcellona persa nel 1997. Così ecco Salerno: gli ultras locali hanno dei conti in sospeso con la Fiesole e così fanno scoppiare una bomba carta che a causa della responsabilità oggettiva (?) butta fuori Batistuta e compagni dall’Europa. Eh sì, il rapporto tra potere e Fiorentina negli ultimi 36 anni è sempre stato molto complicato, ma a volte bisognerebbe anche avere la voglia di sporcarsi un po’ le mani e frequentare quelle stanze spesso scansate dalle varie proprietà, soprattutto dai Della Valle. Avere classe è certamente un segno distintivo, ma siccome il calcio è da tempo molto più che uno sport, spesso è necessario essere nel posto giusto al momento giusto. Per battere, sempre con classe per carità, il pugno sul tavolo.
E il motto si aggiorna Prima era «meglio secondi che ladri», ora diventerà «meglio corretti che a Sarajevo»