Sei mesi, una rivoluzione E nella città che brucia si riaffaccia pure la nassa
«Valentini ha espresso il massimo di quello che poteva esprimere: ha dimostrato di poter affrontare una emergenza ma anche di non avere una visione dello sviluppo strategico della città. E non avendo un progetto chiaro, cosa potrebbe proporre per il secondo mandato? Sarebbero altri cinque anni persi. Inoltre, il suo problema è che non si è mai integrato con Siena: Bruno Valentini fa fatica a capirne i codici interpretativi» (Pierluigi Piccini, 19 gennaio 2018, AgenziaImpress). In sei mesi è cambiato il mondo. Piccini, già sindaco di Siena per tutti gli anni Novanta, è arrivato terzo al primo turno e per il ballottaggio ha deciso di stringere un accordo con Valentini, che evidentemente ha fatto un corso accelerato di integrazione senese nelle ultime settimane. Non è un mistero, già lo cantava Mia Martini: «Sai, la gente è strana, prima si odia e poi si ama, cambia idea improvvisamente…».
L’attuale governo d’altronde ne è l’emblema: Lega e Cinque Stelle si sono insultati in tutti modi possibili, ma alla fine hanno costituto la maggioranza che regge l’esecutivo. Naturalmente, siccome non si fidano l’una dell’altro, hanno anche stipulato un contratto al quale richiamarsi costantemente in caso di diatribe. A Siena, Valentini non aveva molte strade da prendere per battere Luigi De Mossi, candidato di centrodestra: andare in solitudine oppure accordarsi con il rivale Piccini. Ha scelto la seconda, pressato dai vertici regionali e nazionali del Pd (ha ricevuto le telefonate del capogruppo in regione Leonardo Marras e di Luca Lotti, che gli hanno caldamente consigliato, diciamo così, di stringere l’alleanza con Piccini). Ma anche il suo partito aveva poche soluzioni da offrire, visto l’aiuto, si fa per dire, che ha dato al suo sindaco uscente: ha tentato in ogni modo di ostacolarlo. Per mesi non sono mancati attacchi dentro il Pd, soprattutto da parte dei renziani, come a dimostrare la peculiarità di una città in cui l’unica opposizione possibile è quella di chi governa, che recita due parti in commedia: il potere e il contro-potere. L’assenza dalla competizione elettorale del M5S, «squalificato» dai suoi stessi vertici con l’incomprensibile mancata certificazione delle sue liste, ha dato più possibilità agli oppositori interni per logorare Valentini.
Adesso, improvvisamente, il Pd si è accorto che questa tornata amministrativa è a rischio estremo in tre città importanti come Massa, Pisa e la stessa Siena e che fra due anni si vota pure alle Regionali. A fare filotto e a perdere tutto o quasi non ci si mette molto, di questi tempi. La decisione però non è a costo zero e lo sa anche il sindaco uscente. Il rischio enorme per Valentini è quello di essere il Franco Ceccuzzi del 2018, così come Piccini potrebbe essere l’Alberto Monaci di oggi. Anni fa anche Ceccuzzi e Monaci, i duellanti, protagonisti di molte stagioni senesi, si sono odiati, amati e ancora odiati. C’era sempre di mezzo un’elezione a sindaco e Ceccuzzi nel 2011 vinse grazie anche ai voti dell’ex presidente del Consiglio regionale. Poi però fu Monaci farlo cadere in Consiglio comunale, sottraendogli i voti in occasione del voto di bilancio. È la storia recente di Siena, la città che brucia.
«Non è facile né scontato far dialogare due progetti politici distinti — ha detto Valentini — ma ci stiamo provando con sincerità per verificare se siamo in grado di offrire agli elettori non un pateracchio, ma una piattaforma di contenuti e proposte che garantiscano la tenuta democratica e lo sviluppo della nostra comunità. È un’esperienza che potrebbe avere una valenza non solo senese, che allarga i confini attuali del centrosinistra». Vaste programme, diceva il generale De Gaulle.
Resta un punto non di poco conto. Piccini, se la coalizione apparentata al ballottaggio vincerà, eleggerà 8 consiglieri e il suo potrebbe essere il gruppo più consistente. Dicono che Piccini non chiederà incarichi per sé in giunta. Tradotto significa che le scelte passeranno da lui. Valentini sarà costretto a venire costantemente a patti con l’arcigno ex predecessore. Che la famosa nassa stia per tornare in mezzo al fiume?
Resta il nodo del peso di Piccini in Consiglio se vincesse Valentini: il nuovo sindaco sarebbe costretto a patti continui con l’ex