«Ma ora la città deve decidere cosa vuol diventare»
PISTOIA «O partiamo da qui per darci una prospettiva o c’è il serio rischio di restare fermi e quindi arretrare». Nella cerimonia di conclusione per Pistoia Capitale della Cultura è uno dei principali attori dell’iniziativa — il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia Luca Iozzelli — a indicare la via. Cos’ha raccolto Pistoia e cosa lascia questa esperienza in città? I dati della crescita del turismo sono un segnale positivo: più 19% nei primi 9 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2016. Le istituzioni sono consce del fatto che si tratta di numeri da consolidare. E non è detto che sia semplice, al netto della volontà del sindaco Alessandro Tomasi di «tenere in piedi il comitato organizzatore dell’evento e farlo diventare il motore costante della programmazione culturale». Il programma di eventi messi in campo ha promosso soprattutto manifestazioni che Pistoia aveva in calendario da anni, rafforzandole, dando loro una visibilità maggiore. Lo dimostrano l’interesse per la mostra dedicata a Marino Marini (aperta a settembre, 5 mila presenze ad oggi), i «Dialoghi sull’uomo» (15 mila presenze) e l’edizione più partecipata di «Toscana in bocca». Il Pistoia Blues pare non aver subito il fascino di questo anno «particolare», registrando circa 20 mila spettatori in un periodo in cui, a dire il vero, i competitor (Firenze, Lucca, Prato) gli hanno dato filo da torcere.
A mancare sono stati gli investimenti dei privati del territorio e un operazione di marketing convincente. «Quel che c’è da fare ora — spiega Iozzelli — è ciò che non abbiamo fatto quest’anno: capire cosa deve diventare Pistoia dei prossimi decenni, individuare progettualità di largo respiro per far convergere gli sforzi. E richiamare l’investimento mancato dei privati: se ne doveva occupare il settore pubblico, questo è un aspetto di cui dovremmo tenere conto. Il rischio che questa opportunità non venga colta – conclude – è reale, dobbiamo fare il massimo per scongiurarlo».