LO STATO, MPS, SIENA L’ORA DI RICOSTRUIRE
A bilanciare i numeri della perdita di oltre 3 miliardi registrata nel primo semestre, ci sono segni incoraggianti da non sottovalutare. La raccolta è migliorata, si manifesta una ripresa di fiducia verso la banca, ma la strada sarà ancora in salita. Sarebbe stolto considerare la «nazionalizzazione a termine» (per un massimo di 5 anni) un rassicurante ritorno al passato. C’è bisogno, piuttosto, di uno moderno spirito d’iniziativa consapevole di prospettive da irrobustire o da costruire. Del resto nessuno sa dire che cosa diventerà il Monte a conclusione del processo definito sulla carta. È certo che né Siena né la Toscana potranno far leva sull’erogazione del credito di Rocca Salimbeni com’è stato finora. Il taglio delle filiali e la riduzione degli addetti avrà — ha — ripercussioni profonde e muterà il quadro sociale. Dalla coscienza realistica delle sfide da affrontare dovrebbe discendere un generalizzato soprassalto di responsabilità e non solo nel management e nei nuovi vertici che s’insedieranno a novembre. Non si chiede certo al Comune o alle altre istituzioni senesi, tanto meno ai partiti o a quel che ne residua, di intromettersi in questioni da lasciare ad un vera autonomia decisionale, ma è indubbio che il contesto politico-culturale entro cui sono già percepibili radicali trasformazioni dovrà accompagnare i mutamenti lasciando cadere anacronistici metodi e usurate astuzie. C’è da ricostruire un ceto dirigente capace di affrontare la fase che si apre con coraggio critico e non biascicando stanche giaculatorie. Si sa bene che è fuori luogo parlare di un progetto organico e sistematico per una città e per il suo territorio di più immediato riferimento. Le potenzialità su cui possono puntare Siena ed una vasta area dalle analoghe caratteristiche storico-ambientali sono note: occorrerà favorirle e connetterle in una visione in grado di mobilitare ogni possibile risorsa. Sono 38.000 le aziende che hanno sede legale nella provincia di Siena e marciano speditamente i settori del vitivinicolo, il farmaceutico, perfino l’industria dei camper. Sul patrimonio artistico e sulla qualità ambientale è superfluo insistere, ma il rischio di cadere in schemi di abusato e ovvio consumo è tutt’altro che evitato. Talvolta a Siena un rassegnato minimalismo sembra prevalere su fondate ambizioni di qualità. L’agriturismo non ha più l’attrazione degli inizi se non si accompagna ad un’offerta di occasioni specifica e originale. L’alleanza tra città e campagna è più declamata che effettiva. E quanto si è detto e ripetuto sulla Grande Siena, in grado di superare una gracilità demografica sempre più allarmante, è rimasto lettera morta. L’Ateneo primeggia nella ricerca storico-antropologica e non solo. L’area delle scienze della vita è in crescita. La giovane Università per stranieri è uno strumento essenziale per alimentare un respiro internazionale e multilinguistico.
La politica della concretezza può riconquistare un ruolo offuscato o perduto. La maggioranza di centrosinistra che guida il Comune è percorsa da irragionevoli e incomprensibili tensioni interne. Il Pd che ne dovrebbe essere il motore svolgerà il suo congresso in autunno, ma le avvisaglie danno adito a preoccupazioni non irrilevanti. Ad esempio la procedura di avvio del Piano Operativo Comunale, da elaborare per correggere e integrare un piano strutturale che ha fatto acqua, è stata avviata dalla giunta per evitare il dibattito in consiglio e preservarlo da permanenti contrasti. E tra le opposizioni pullulano gruppi che inalberano la bandiera del civismo in chiave furbescamente mimetica o antipolitica. Un civismo autentico ritiene prioritaria una politica che solleciti buoni e attuabili programmi, al di là di rigidi steccati di partito o di corrente. Accoppiamenti poco giudiziosi fanno intravedere strane convergenze — penso alla neonata Unione popolare senese — tra chi alle passate elezioni si trovava su posizioni inconciliabili. Datati protagonismi attestano il riemergere di un déjà vu del quale si vorrebbe fare a meno. Che lo Stato, dopo un lungo e faticoso itinerario, sia rientrato a Rocca Salimbeni non invita, insomma, ad una pigra nostalgia di tempi andati. E non è escluso che ci si debba ancora battere perché il Monte conservi a Siena la sua sede direzionale. Le lettere firmate con nome, cognome e città vanno inviate a «Lungarno», Corriere Fiorentino lungarno delle Grazie 22 50122, Firenze Fax 0552482510 «Posso riconoscere un allievo di Carlo Del Bravo dalle prime parole che pronuncia». È probabilmente questo complimento, che l’ex direttore degli Uffizi Antonio Natali ricorda di aver sentito pronunciare da un celebre collega in occasione di una conferenza, quello che di cui andava più orgoglioso. «Perché prima di tutto, era un maestro — lo piange così Natali — forse l’unico che l’Università di Firenze abbia avuto dopo Roberto Longhi (di cui fu lui stesso allievo, ndr) nel campo della storia dell’arte». Carlo Del Bravo è morto a 82 anni, i funerali si terranno domani alle 15 nella cappella di San Luca della Santissima Annunziata. Professore emerito di Storia dell’Arte nativo di San Casciano, si racconta che avesse avuto un’illuminazione a 10 anni quando fu portato in gita scolastica in una Firenze devastata dalla guerra: in quel momento, visitando chiese e monumenti provati dai bombardamenti, capì a cosa avrebbe voluto dedicare la sua Chi era Carlo Del Bravo era nato a San Casciano. È morto ieri a 82 anni vita. Come membro della Commissione per la valutazione e le nuove acquisizioni della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, ha caldeggiato alcuni acquisti fondamentali come i disegni di Pietro Benvenuti, il Paesaggio a Grizzana di Giorgio Morandi, la stele di Lorenzo Bartolini. «Carlo Del Bravo è una figura che si staglia nel panorama intellettuale italiano per acutezza, misura e per l’esempio di integrità» scrivono in una nota congiunta il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, Simonella Condemi, Carlo Sisi e Ettore Spalletti, allievi di Del Bravo ed ex direttori della Galleria
Natali: riconoscerei un suo allievo dalle prime battute che pronuncia