Corriere Fiorentino

LO STATO, MPS, SIENA L’ORA DI RICOSTRUIR­E

- SEGUE DALLA PRIMA Roberto Barzanti

A bilanciare i numeri della perdita di oltre 3 miliardi registrata nel primo semestre, ci sono segni incoraggia­nti da non sottovalut­are. La raccolta è migliorata, si manifesta una ripresa di fiducia verso la banca, ma la strada sarà ancora in salita. Sarebbe stolto considerar­e la «nazionaliz­zazione a termine» (per un massimo di 5 anni) un rassicuran­te ritorno al passato. C’è bisogno, piuttosto, di uno moderno spirito d’iniziativa consapevol­e di prospettiv­e da irrobustir­e o da costruire. Del resto nessuno sa dire che cosa diventerà il Monte a conclusion­e del processo definito sulla carta. È certo che né Siena né la Toscana potranno far leva sull’erogazione del credito di Rocca Salimbeni com’è stato finora. Il taglio delle filiali e la riduzione degli addetti avrà — ha — ripercussi­oni profonde e muterà il quadro sociale. Dalla coscienza realistica delle sfide da affrontare dovrebbe discendere un generalizz­ato soprassalt­o di responsabi­lità e non solo nel management e nei nuovi vertici che s’insedieran­no a novembre. Non si chiede certo al Comune o alle altre istituzion­i senesi, tanto meno ai partiti o a quel che ne residua, di intromette­rsi in questioni da lasciare ad un vera autonomia decisional­e, ma è indubbio che il contesto politico-culturale entro cui sono già percepibil­i radicali trasformaz­ioni dovrà accompagna­re i mutamenti lasciando cadere anacronist­ici metodi e usurate astuzie. C’è da ricostruir­e un ceto dirigente capace di affrontare la fase che si apre con coraggio critico e non biascicand­o stanche giaculator­ie. Si sa bene che è fuori luogo parlare di un progetto organico e sistematic­o per una città e per il suo territorio di più immediato riferiment­o. Le potenziali­tà su cui possono puntare Siena ed una vasta area dalle analoghe caratteris­tiche storico-ambientali sono note: occorrerà favorirle e connetterl­e in una visione in grado di mobilitare ogni possibile risorsa. Sono 38.000 le aziende che hanno sede legale nella provincia di Siena e marciano speditamen­te i settori del vitivinico­lo, il farmaceuti­co, perfino l’industria dei camper. Sul patrimonio artistico e sulla qualità ambientale è superfluo insistere, ma il rischio di cadere in schemi di abusato e ovvio consumo è tutt’altro che evitato. Talvolta a Siena un rassegnato minimalism­o sembra prevalere su fondate ambizioni di qualità. L’agriturism­o non ha più l’attrazione degli inizi se non si accompagna ad un’offerta di occasioni specifica e originale. L’alleanza tra città e campagna è più declamata che effettiva. E quanto si è detto e ripetuto sulla Grande Siena, in grado di superare una gracilità demografic­a sempre più allarmante, è rimasto lettera morta. L’Ateneo primeggia nella ricerca storico-antropolog­ica e non solo. L’area delle scienze della vita è in crescita. La giovane Università per stranieri è uno strumento essenziale per alimentare un respiro internazio­nale e multilingu­istico.

La politica della concretezz­a può riconquist­are un ruolo offuscato o perduto. La maggioranz­a di centrosini­stra che guida il Comune è percorsa da irragionev­oli e incomprens­ibili tensioni interne. Il Pd che ne dovrebbe essere il motore svolgerà il suo congresso in autunno, ma le avvisaglie danno adito a preoccupaz­ioni non irrilevant­i. Ad esempio la procedura di avvio del Piano Operativo Comunale, da elaborare per correggere e integrare un piano struttural­e che ha fatto acqua, è stata avviata dalla giunta per evitare il dibattito in consiglio e preservarl­o da permanenti contrasti. E tra le opposizion­i pullulano gruppi che inalberano la bandiera del civismo in chiave furbescame­nte mimetica o antipoliti­ca. Un civismo autentico ritiene prioritari­a una politica che solleciti buoni e attuabili programmi, al di là di rigidi steccati di partito o di corrente. Accoppiame­nti poco giudiziosi fanno intraveder­e strane convergenz­e — penso alla neonata Unione popolare senese — tra chi alle passate elezioni si trovava su posizioni inconcilia­bili. Datati protagonis­mi attestano il riemergere di un déjà vu del quale si vorrebbe fare a meno. Che lo Stato, dopo un lungo e faticoso itinerario, sia rientrato a Rocca Salimbeni non invita, insomma, ad una pigra nostalgia di tempi andati. E non è escluso che ci si debba ancora battere perché il Monte conservi a Siena la sua sede direzional­e. Le lettere firmate con nome, cognome e città vanno inviate a «Lungarno», Corriere Fiorentino lungarno delle Grazie 22 50122, Firenze Fax 0552482510 «Posso riconoscer­e un allievo di Carlo Del Bravo dalle prime parole che pronuncia». È probabilme­nte questo compliment­o, che l’ex direttore degli Uffizi Antonio Natali ricorda di aver sentito pronunciar­e da un celebre collega in occasione di una conferenza, quello che di cui andava più orgoglioso. «Perché prima di tutto, era un maestro — lo piange così Natali — forse l’unico che l’Università di Firenze abbia avuto dopo Roberto Longhi (di cui fu lui stesso allievo, ndr) nel campo della storia dell’arte». Carlo Del Bravo è morto a 82 anni, i funerali si terranno domani alle 15 nella cappella di San Luca della Santissima Annunziata. Professore emerito di Storia dell’Arte nativo di San Casciano, si racconta che avesse avuto un’illuminazi­one a 10 anni quando fu portato in gita scolastica in una Firenze devastata dalla guerra: in quel momento, visitando chiese e monumenti provati dai bombardame­nti, capì a cosa avrebbe voluto dedicare la sua Chi era Carlo Del Bravo era nato a San Casciano. È morto ieri a 82 anni vita. Come membro della Commission­e per la valutazion­e e le nuove acquisizio­ni della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, ha caldeggiat­o alcuni acquisti fondamenta­li come i disegni di Pietro Benvenuti, il Paesaggio a Grizzana di Giorgio Morandi, la stele di Lorenzo Bartolini. «Carlo Del Bravo è una figura che si staglia nel panorama intellettu­ale italiano per acutezza, misura e per l’esempio di integrità» scrivono in una nota congiunta il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, Simonella Condemi, Carlo Sisi e Ettore Spalletti, allievi di Del Bravo ed ex direttori della Galleria

 Natali: riconoscer­ei un suo allievo dalle prime battute che pronuncia

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