I SOPRAVVISSUTI DEL ‘68 E QUELLA MIOPIA SULL’ITALIANO A SCUOLA
Sono passati quasi quattro mesi dall’appello di oltre 600 docenti universitari che chiedeva al Governo di prendere provvedimenti «contro il declino dell’italiano a scuola».Una situazione così preoccupante da costringere molte università a organizzare veri e propri corsi di recupero per le matricole. Se ne è riparlato anche al liceo Tasso di Roma, dove il Gruppo di Firenze, promotore dell’appello, ha convocato un incontro dopo aver constatato il silenzio del Governo (ma, a dire il vero, anche di tutte le opposizioni) su questo tema. Conforta tuttavia un invito di queste ultimissime ore da parte della ministra Fedeli ad un incontro che finalmente si spera possa contribuire a cambiare la didattica dell’italiano e, speriamo, non solo di questo. Non si può comunque rinunciare a fare il possibile per risollevare le sorti della nostra lingua: senza dover scomodare Machiavelli o Manzoni, la stessa sopravvivenza della nostra identità culturale trova i suoi punti di riferimento imprescindibili proprio nella correttezza e nella proprietà del linguaggio scritto e parlato. All’incontro hanno partecipato anche diversi autorevoli firmatari, che ancora una volta hanno denunciato quanto poco ci si preoccupi per migliorare le sorti dell’Italiano. In particolare si è sottolineato come da decenni il Ministero abbia rinunciato al suo ruolo di orientamento, di sollecitazione e di verifica dei risultati raggiunti, addossando in gran parte le responsabilità di tutti i fallimenti della didattica alla inadeguatezza dei docenti e dei dirigenti. Le responsabilità sono invece da ricercare innanzitutto in una direzione politica che, per timore dell’impopolarità o per l’influsso di teorie pedagogiche sbagliate, ha rinunciato a essere esigente sul raggiungimento degli obbiettivi che rappresentano la base della nostra cultura, in primis quello dello scrivere correttamente. Si è confermata anche l’opportunità di verificare l’adeguatezza o meno delle Indicazioni nazionali che da anni hanno sostituito i tradizionali e consolidati Programmi scolastici e di prendere tutti i concreti provvedimenti per invertire la tendenza all’impoverimento della nostra lingua. È stato opportunamente ricordato, a conferma di questa tendenza, che circa il 70% dei docenti impegnati nei concorsi per entrare di ruolo non è stato ammesso alle prove orali anche a causa della loro pessima conoscenza della lingua italiana. Non meglio vanno in genere i concorsi per avvocati e per magistrati. Per questi ultimi è addirittura capitato che proprio a causa degli errori madornali nell’italiano la quantità degli ammessi agli orali sia stata più bassa dei posti messi a concorso! Si deve inoltre aggiungere che da molto tempo gli addetti ai lavori di Viale Trastevere si riconoscono in una certa pedagogia di ascendenza sessantottina, che insiste nello sponsorizzare metodologie di apprendimento che pretendono di non far durare fatica agli allievi, evitando il lavoro ripetitivo e lo studio mnemonico, nonché minimizzando l’importanza dell’ortografia e della sintassi soprattutto nella scuola di base; competenze che è poi difficile recuperare negli altri cicli scolastici. Un insegnamento del genere facilita l’esclusione sociale proprio di chi solo nella scuola, avendo retroterra familiari culturalmente ed economicamente inadeguati, dovrebbe trovare quelle competenze linguistiche indispensabili per acquisire la dignità di cittadino e di persona aperta al dialogo. Come diceva qualcuno, è proprio vero che è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero. Ma i sopravvissuti al ‘68 e i loro eredi sono troppo accecati dalle loro certezze per accorgersi che una scuola che non prepara, soprattutto nelle competenze linguistiche, è una vera e propria scuola di classe. Esattamente quella che non vogliamo e che non vuole la nostra Costituzione. E per questo, proprio per questo molti di noi, di sicuro chi scrive, hanno scelto senza pentimenti la via dell’insegnamento.
*Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità
Obiettivi È la lingua che fa eguali, proprio per questo con gli studenti bisogna essere più rigorosi