BOSCHI-ETRURIA, I PARERI SULLE SOLUZIONI MIGLIORI
Caro direttore, si sa, compiere un passo indietro dopo aver raggiunto una méta prestigiosa è sempre assai difficile. E tale difficoltà diviene insopportabile quando si è convinti di aver fatto i passi giusti nell’interesse di una comunità. Eppure talvolta il passo indietro è necessario per la credibilità e l’onorabilità delle istituzioni. Non si tratta di ammettere la propria colpevolezza, che peraltro sembra non esserci. Né si tratta di rinnegare il proprio operato, anzi, il contrario. Si tratta di osservare quel rispetto istituzionale che ogni cittadino della Repubblica deve al proprio Stato preservando da qualsivoglia ombra una funzione influente e delicata come quella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ormai il cosiddetto «affaire Boschi» è tutto qui! E prima verranno tratte le opportune riflessioni, meglio sarà per tutti: per l’ex ministra perché, al tempo opportuno, potrà rivendicare il proprio ruolo e, se del caso, anche la bontà delle proprie azioni politico-istituzionali (che sembrano realmente esserci state, come conferma Ferruccio de Bortoli) con quella credibilità che un’ostinata quanto inutile e dannosa resistenza impedirebbe. Per il governo che potrà riacquistare serenità e condurre la legislatura in porto. Per il Pd che, dopo la batosta referendaria, la scissione e le infinite polemiche interne sta riprendendo quota tra gli italiani e non può permettersi di mantenere in piedi una querelle forse destinata a nuove, e non proprio benauguranti, puntate. Ed infine per Matteo Renzi che da tutto questo bailamme potrà raccogliere solo cocci, in un momento assai cruciale per la definizione del futuro assetto politico del Paese.Tutto sembra concordare e convogliare verso una ineluttabile assunzione di responsabilità. Ogni improbabile resistenza, seppur umanamente comprensibile, appare un calcolo politico di poco respiro.
Caro direttore, vado controcorrente: magari fosse intervenuta, su richiesta oppure no di Maria Elena Boschi, Unicredit a salvare Banca Etruria. Il conto sarebbe stato assai meno salato; si sarebbe probabilmente evitato l’effetto domino che ha travolto diverse grosse banche (le piccole stanno seguendo) ed il bailin sarebbe rimasto un perfetto sconosciuto. Non sarebbe poi crollata la fiducia nel risparmio e nelle banche. Del resto l’ha detto giorni fa anche la Consob (magari in ritardo) che il bail-in non doveva essere retroattivo e va rivisto. Quanto ai salvataggi ricordo quelli del Banco Ambrosiano, del Banco di Roma, del Banco di Napoli, di tante Casse di Risparmio e non credo siano stati tutti «spontanei» ma cercati, guidati o suggeriti da qualcuno, Banca d’Italia per prima. Ed allora, vero o no che sia stata Boschi a suggerire o cercare un contatto, non mi pare scandaloso che ciò sia avvenuto per iniziativa di qualcuno, ma più grave che il governo di allora abbia sottovalutato la gravità di cosa stava innescando e che sta causando danni superiori a quei 700 milioni di subordinate delle famose 4 banche «salvate». Perché sia chiaro che «salvarle» davvero non era «salvare» i loro amministratori e dirigenti, ma serviva a non far deflagrare la «bomba» poi esplosa su tutto il sistema. Per quelli amministratori ci sarebbero comunque state la magistratura, Consob e Bankitalia, mentre per il sistema ci sarebbe continuata ad essere la prudente ed attenta regia che aveva guidato, in precedenza, altre gravi situazioni.