«Meglio cambiare, conta il legame tra primi e ultimi»
Nevio Santini, 68 anni, è un ex allievo di don Lorenzo Milani. Uno di quei tanti ragazzi che a partire dagli anni ‘50 animarono e si formarono alla scuola di Barbiana. La scuola dell’«I care», tradotto del «Mi sta a cuore»: il motto che contraddistingue quell’esperienza didattica e pedagogica, nata e maturata a Vicchio, nel Mugello, dove don Milani arrivò nel 1954. Una scuola dove al posto dei compiti c’era la scrittura collettiva, dove invece delle punizioni e della bocciature ci si allenava al dialogo.
Santini, alcuni docenti fiorentini hanno fatto appello, dalle pagine del Corriere Fiorentino al presidente del Consiglio Matteo Renzi affinché riveda le misure — abolizione alle primarie e riduzione alle medie delle bocciature, un numero minore di prove finali — previste nel decreto legislativo sulla valutazione scolastica.
«Peccato. Io per ora vedo di buon occhio questo decreto. Mi sembra un passo, il primo, verso un modello di scuola diverso».
Presidi e professori sostengono che eliminando i voti e la possibilità di bocciare
si fa un danno sia ai ragazzi che ai docenti.
«Perché hanno una concezione sbagliata della bocciatura. Basta cambiare paradigma. Ogni volta che si boccia un ragazzo non si compie un atto negativo solo nei confronti del destinatario del provvedimento ma del gruppo classe all’intero del quale è inserito». Cosa intende?
«Vede, la missione di ogni insegnante, così come lo intendeva don Milani, non è preoccuparsi del primo ma dell’ultimo
e insegnare al primo della classe — il secchione lo chiameremo oggi — ad aiutare il compagno che è rimasto indietro. Bocciandolo, il professore non permette ai ragazzi di comprendere il valore dell’aiuto reciproco».
La bocciatura impedisce di misurarsi con il valore della solidarietà?
«Sì, in sostanza è così. Agli svogliati devi dare uno scopo, così vedrai che si appassionano, ripeteva don Milani». Quindi non è un metodo educativo? «No, affatto».
In una scuola che spesso si trova a dover gestire le ingerenze dei genitori e le sentenze della magistratura, alcuni docenti pensano che questo decreto possa contribuire a deresponsabilizzare i ragazzi. È un pericolo reale?
«No, non credo. È vero che la scuola è cambiata. E insieme ad essa i rapporti tra insegnanti e genitori. Ma i ragazzi, in fondo, sono sempre gli stessi. I professori devono agire pensando di avere davanti delle anime a cui mostrare il mondo. Un po’ come faceva il don Lorenzo».
La missione di ogni insegnante, come diceva don Milani, è insegnare al primo ad aiutare chi è rimasto indietro