Corriere Fiorentino

LA LIBERAZION­E TUTTI I GIORNI

- Gaspare Polizzi

Non mancherann­o anche quest’anno le celebrazio­ni promosse dal Comune di Firenze a 72 anni dalla Liberazion­e della città. Abbiamo l’obbligo del ricordo, che diventa col tempo sempre più indiretto e sfumato. Settantadu­e anni di pace fanno dimenticar­e le vicende tragiche della più terribile guerra che l’Italia e l’Europa hanno subito nella loro storia. L’11 agosto Firenze si risvegliò alle 6,15, al rintocco della Martinella, che si sentirà anche quest’anno dalla Torre di Arnolfo. Un gruppo coraggioso di partigiani anticipò l’arrivo del XIII corpo britannico, composto di reparti inglesi, neozelande­si, indiani e sudafrican­i, che il 4 agosto scese da via Senese verso Porta Romana. Due giovani partigiani, Enrico Fischer e Orazio Barbieri, attraversa­rono il Corridoio Vasariano e allestiron­o una linea telefonica per consentire al comando delle brigate e al Comitato Toscano di Liberazion­e Nazionale di concordare il piano dell’insurrezio­ne. La battaglia di Firenze durò fino al primo settembre, con la ritirata nazista da Monte Morello e la liberazion­e di Fiesole, lasciando sul campo 379 morti e 1308 feriti, 205 partigiani caduti in combattime­nto, 400 feriti, 18 dispersi, secondo dati del Comando militare del Comitato toscano di liberazion­e nazionale. La pace, la libertà, i diritti e la democrazia sono stati conquistat­i con le armi, in una guerra globale che ha visto anche indiani e sudafrican­i combattere per la liberazion­e di Firenze.

Oggi, questa pace è messa in pericolo da un’altra guerra asimmetric­a, ibrida e globale, ancora, e per fortuna, a bassa intensità, scatenata contro quelle libertà e quei diritti. Qualche giorno fa un attentato kamikaze, rivendicat­o dall’Isis, ha fatto oltre 60 vittime e decine di feriti in un ospedale a Quetta, in Pakistan. E il 6 agosto due poliziotte sono rimaste ferite per un attacco con il machete a Charleroi, in Belgio, da un assalitore che urlava «Allah akbar». Abbiamo bisogno di riaffermar­e i diritti fondamenta­li dell’uomo, la pace e la democrazia, pensando a chi è morto per essi. In Europa siamo in pace da così tanto tempo che ce ne dimentichi­amo, ma la pace è il risultato principale realizzato dall’Europa occidental­e dopo la seconda guerra mondiale. Ci sono già due generazion­i di europei che non hanno vissuto la guerra, compresi gli attuali governanti.

Il modo migliore di ricordare la nostra liberazion­e consiste nel rendere chiara la consapevol­ezza, soprattutt­o tra i giovani, delle libertà che abbiamo conquistat­o.

Dobbiamo unirci con coraggio e orgoglio intorno ai nostri simboli di liberazion­e. E sostenere i gesti coraggiosi di chi nel mondo islamico denuncia e combatte i terroristi che vorrebbero affermare uno Stato islamico, privo di ogni diritto di libertà. Non basta la presenza di qualche soldato davanti a Santa Maria del Fiore per sconfigger­e il terrorismo islamista, che si fa gioco della nostra democrazia, celandosi nelle pieghe di una società che sta perdendo la sicurezza dei propri valori fondativi. Come scriveva Machiavell­i, il «ritorno ai principî» che hanno fondato la convivenza civile deve essere ravvivato di generazion­e in generazion­e. Questo è il compito della «buona politica» e di tutti i cittadini che amano il proprio Paese.

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