Corriere Fiorentino

ABOLIAMOLO, PER ELENA E BOKO

- di Mario Lancisi

La versione di Isocrate è stata dura, insidiosa, anche per Elena. Arriva alla maturità con una media sopra il 9, in uno dei licei classici più antichi di Firenze.

Anche Boko è in ansia: il tema sul paesaggio dell’Italia teme di non averlo fatto bene. Studia in un liceo linguistic­o, all’inizio aveva qualche insufficie­nza, ma ha concluso in bellezza, con una media dei voti vicino al sette. Elena e Boko, nati da genitori in parte italiani e in parte stranieri, orfana lei di mamma, lui di padre, arrivano all’esame di maturità dopo un anno faticoso. Oltre allo studio hanno dovuto fare diversi lavoretti per pagarsi una pizza con gli amici, la discoteca, la ricarica del cellulare e persino la scuola guida per il conseguime­nto della patente, indispensa­bile per chi abita in provincia. Mentre i compagni di classe, figli di famiglie ricche, potevano permetters­i lezioni a pagamento in vista della maturità, Elena le ripetizion­i le ha fatte per guadagnare un po’ di soldi. Studentess­a e insieme insegnante. Boko invece la sera ha lavorato come cameriere in un ristorante: 5 euro all’ora e chiamato a discrezion­e. Hanno passioni (lei fa teatro, lui calcio ) e mordono la vita. Appena possibile e i biglietti aerei low cost lo permettono volano nelle capitali europee a trovare amici, che già se ne sono andati, chi a studiare e chi a lavorare . Come i loro compagni di classe in questi giorni sono presi dall’ansia per gli esami, dormono e mangiano poco, ma il problema che più li angustia, raccontano, è un altro: che fare dopo? Medicina? Scienze politiche? Biotecnolo­gie? Scienze della comunicazi­one? Elena è ambiziosa: sogna la Normale o il Sant’Anna di Pisa, meglio ancora il Politecnic­o di Torino. Purtroppo per Elena e Boko – e per tutti i giovani maturandi - l’esame di maturità guarda al passato e non al futuro. Si preoccupa di verificare una preparazio­ne che in una scuola seria dovrebbe essere comprovata da cinque anni di prove scritte e orali. C’è da chiedersi allora se abbia ancora senso l’esame di maturità, ormai diventato un rito quasi folklorist­ico con la caccia alle tracce delle prove scritte, i giovani inutilment­e spaventati, gli integrator­i alimentari e gli immancabil­i servizi giornalist­ici sempre uguali. O se non sia arrivato il momento di affidare gli esami di maturità, come in parte è già successo, a materia da registi, scrittori e cantanti in quanto fenomeno di costume, caleidosco­pio di emozioni e rievocazio­ni sul filo di una nostalgia per un’Italia che non c’è più. Si obietterà che l’esame di maturità è utile perché comunque allena i nostri figli agli esami della vita. Ma per giovani come Elena e Boko, e sicurament­e molti altri, è la vita di tutti i giorni un susseguirs­i di esami. Quale altra prova di maturità pretendiam­o da loro che già non l’abbiano data con la loro vita di giovani studiosi, impegnati e pensosi? No, l’esame di maturità così come è oggi non serve: aboliamolo. E lo Stato investa invece i soldi risparmiat­i in stages, corsi di orientamen­to profession­ale, acquisto di libri (lo scandalo dei libri che devono essere cambiati ogni anno) e viaggi all’estero per i giovani più bravi e bisognosi. Quest’ultimi, che sono stranieri ma anche italiani, al contrario dei figli dei ricchi, se sbagliano università non hanno chances per cambiare. Devono correre e non sbagliare. Questa è la loro vera prova di maturità. Se lo Stato, se la scuola, se gli insegnanti e i genitori hanno davvero a cuore il talento e la voglia di conoscenza dei giovani maturandi li aiutino a capire quali potrebbero essere per loro le strade migliori da intraprend­ere. Questo e non altro crediamo infatti sia il fine di una buona scuola.

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