«Le case popolari? Impossibili Fermiamo la fuga dei residenti»
A colloquio con l’assessore Perra sul destino del centro. La risposta a Cervellati
«L’identità di Firenze si mantiene anche con la residenza. Fate case popolari». L’invito dell’urbanista Pierluigi Cervellati, che pure plaude al nuovo regolamento per il decoro del centro storico, non convince appieno Lorenzo Perra. L’assessore all’urbanistica (e al bilancio), economista, rilancia. Sarà possibile fare qualche intervento di social housing in centro ma case popolari no, sono inavvicinabili per le casse comunali. «Ma il vero nodo è mantenere vivibile la città per chi già adesso ci abita. Anche con la tramvia».
Da economista, Perra sa che perché negli anni ‘80 in tanti se ne sono andati dal centro: «Se uno voleva una casa oltre i 120-150 metri quadri, per la sua famiglia, era troppo oneroso trovarla in centro o vantaggioso venderla ed andarsene». Ma questo mette a rischio l’identità del centro, sempre più disneyland del Rinascimento. «Da residente di Santo Spirito da sempre, avverto il cambiamento: meno famiglie, ma anche più stranieri, single, studenti, anche bohemien». Come invertire la tendenza?
«L’abbattimento dell’Imu aiuta, ma lo fa su qualunque territorio» ribatte l’assessore. E quindi? «Il nostro obiettivo è rendere il centro più vivibile». A questo, anche, secondo Perra serve il regolamento. «Una città attrattiva, dove si cammina con pochi mezzi privati, è per esempio vivibile». Magari anche con negozi di vicinato: perché altrimenti, senza auto — con i problemi di parcheggio noti — diventa un problema pure portare la spesa. «Ci sono i mercati centrali, a volte più economici della grande distribuzione. Io ci vado, e con me tante persone anziane».
Non c’è però nei piani di Palazzo Vecchio neanche un intervento di edilizia pubblica in centro, dopo quella voluta da Mario Primicerio e poi realizzata dalla giunta Domenici, alle Murate? «Quella era una delle ultime proprietà pubbliche di pregio a disposizione del Comune». Troppo fantasioso proporre Costa San Giorgio? «Non avevamo 20 milioni da investirci. E a May Fair, a Londra, non fanno certo Erp. Sono operazioni incompatibili con i bilanci comunali». E se invece che a Costa San Giorgio si ipotizzasse la Scuola sottoufficiali a Santa Maria Novella, magari non per case popolari, ma per «social housing», affitti calmierati, a prezzi più bassi del mercato? «Guardi — risponde l’assessore — se social housing è disponibilità di grandi risorse publiche, è incompatibile con i bilanci». Sarà possibile farlo, con i privati, «ai Lupi di Toscana, ma perché ce l’hanno regalata». Quindi ci sarà l’ennesimo museo, a Santa Maria Novella: «Sulla destinazione e su cosa si farà, sarei cauto. Il bene è molto grande, difficilmente gestibile, non escludo che ci si possa essere altro rispetto al museo. Ma è utopico pensare a case popolari».
Niente utopia alla Primicerio, quindi. Non solo. «Non credo si ripopoli la città con l’intervento pubblico. Il pubblico deve rendere attrattiva la città, ormai policentrica. Con la tramvia, diventerà tutta centro». Perché «le città cambiano». Se il trend resta quello attuale, l’Oltrarno, però, diventerà un «south bank village» via le famiglie e i vecchi esercizi, locali di tendenza e benestanti e basta? «Ricordo — ribatte Perra — che la maggior parte dei residenti è proprietaria di casa. Il dibattito non è “voglio tornare” ma creare possibilità di convivenza civile, in centro, con le attività economiche che vivono di turismo. Se attraverso questo riceviamo ricchezza per fare interventi di edilizia popolare, perché no? Chi va via da Santo Spirito lo fa per il bonghista che rompe le scatole, per i parcheggi occupati dal primo che capita. Rendiamo la città vivibile e vedrete».
Mani (quasi) legate Pochi fondi per l’edilizia «erp», al massimo affitti calmierati. Ma a salvarci sarà la tramvia