CAVALLI, NON CAVILLI
Siena: ipotesi di «violenza privata» per il fantino che ha tirato giù dal cavallo il rivale
Che il Palio di Siena sia una festa italianissima lo dimostrano a iosa le polemiche del dopocorsa, irte di cavilli. Che non sono meno amati dei cavalli.
SIENA La giustizia ordinaria è tornata ad affacciarsi su Piazza del Campo. La procura ha aperto un fascicolo nei confronti di Massimo Columbu, che il 2 luglio ha corso il Palio per il Valdimontone. Il procuratore capo Salvatore Vitello sottolinea che il fantino è stato iscritto «nel registro delle notizie di reato», specificando l’ipotesi di reato procedibile d’ufficio «di violenza privata» e che «saranno compiuti tutti i necessari accertamenti».
Il provvedimento è stato preso «dopo avere attentamente valutato le immagini pubblicate sulla stampa relative alla condotta tenuta dalla Contrada del Valdimontone in danno del fantino della Contrada del Nicchio, nonché le dichiarazioni rese a sempre sulla stampa da tutti i soggetti che sono intervenuti sulla vicenda». Sulla quale adesso nessuno se la sente di esprimersi. Sia a Palazzo Pubblico che nel rione dei Servi le bocche sono cucite.
Anche perché a sanzionare il comportamento di Columbu, responsabile di aver trattenuto e disarcionato il rivale Giovanni Atzeni, detto Tittia, ci aveva pensato venerdì il Comune. Con un atto d’urgenza, previsto dal regolamento della Festa, la giustizia paliesca aveva punito Veleno II, escludendolo dal Palio del prossimo 16 agosto.
In attesa che i consueti provvedimenti autunnali colpiscano in maniera definitiva l’operato del fantino umbro. Autore di un gesto eclatante per ottenere l’obiettivo prefissato fin dalla mossa: impedire la vittoria della rivale. Risultato che alcune volte assume la stessa valenza di vincere. Considerando che in questo caso specifico, il Valdimontone è arrivato primo al bandierino tre anni fa, mentre il Nicchio, che partiva con i favori del pronostico in questa Palio (il cavallo Occole aveva vinto l’ultima carriera corsa), non vince dal lontano ‘98. Un’eternità. Così si spiega la strategia della dirigenza dei Servi di scegliere una «monta» idonea per fare il «servizio». Una possibilità nel regolamento non scritto del Palio su cui ora vuole fare luce la giustizia ordinaria.