«Ma la produttività da sola non porta l’aumento del lavoro»
Intervista a Mauro Lombardi
Professor Mauro Lombardi, docente ad Economia a Firenze: i dati di Irpet e Unioncamere indicano elementi di ottimismo e altri di criticità. Gli aspetti positivi arrivano da aziende che hanno innovato. Ma l’aumento della produttività è possibile e compatibile con maggiore occupazione, in Toscana?
«È un tema molto discusso, soprattutto in Usa: aumenta la produttività, certo, ma solo di chi rimane al lavoro. La società dovrebbe evolversi generando bisogni per soddisfare i quali occorron o nuove competenze che dovresti aver creato nel frattempo».
Una visione di lungo respiro, che però cozza con la situazione odierna, nella qual e rincorre persino le attuali esigenze formativo delle imprese. Ma di quali lavoratori avremo bisogno domani?
« Dobbiamo rispondere a due domande: come si evolve la società italiana e toscana oggi? Come vorremmo si evolvesse (o come dovrebbe) a confronto di quanto succede nel mondo? Ammettiamo che la produttività aumenti del 15%, cioè puoi produrre lo stesso numero di prodotti, con la stessa qualità, con il 15% di persone in meno».
Il risultato è che o aumenta la domanda, o maggiore «efficienza» comporta meno occupazione...
«Infatti: ma se nel frattempo ti poni il problema, per esempio, della rivitalizzazione dei centri storici, ti domandi come devi ristrutturare o progettare le nuove abitazioni — a basso consumo energetico — oppure sai che devi affrontare il tema della sicurezza idrogeologica, sai che dovrai avere occupazione in questi settori con le competenze necessarie e quanta ricaduta occupazionale avrai».
Certo, se devi intervenire sul rischio idrogeologico i programmi dovranno durare un decennio. Lo studente che deve scegliere l’università e sa di questi programmi, sa che tra 5 anni, uscito da ingegneria o architettura, avrà un possibile sbocco.
«Oggi la tecnologia e le nuove scienze dei materiali spingono a inventare nuovi prodotti e attività, oltre che a riprogettare processi di produzione, beni e servizi. Occorrono molte nuove competenze per avere originali fonti di occupazione. Negli Usa, in Germania, Corea del Sud sì pensano a questi scenari. Qui da noi non si va oltre l’esaltazione di qualche app e l’entusiasmo per alcune startup dall’incerto futuro. Va bene, ma è al di sotto del minimo indispensabile».
Anche perché solo l’export potrebbe non funzionare, nel lungo periodo.
«Senza una ripresa della domanda interna per investimenti e consumi, le spinte endogene al sistema regionale italiano saranno deboli. Fiscal compact e pareggio di bilancio tengono il motore in folle. L’export traina, ma grandi incognite. Ci sono fattori di incertezza estrema che offuscano lo scenario a due anni: una bolla speculativa sui mercati finanziari mondiali, la bolla speculativa specifica cinese (immobiliare e finanziaria), le sanzioni alla Russia che, secondo un recente studio austriaco, porteranno una perdita per l’Europa di 100 miliardi di export, i paesi più danneggiati saranno nell’ordine Germania, Francia, Italia. E anche la vicenda della Grecia può avere un effetto deflagrante».
Attenti a fidarsi troppo dell’export Sono troppe le incognite, puntiamo su energia e territorio