Corriere Fiorentino

C’è un altro degrado, nelle parole della politica

- di Paolo Armaroli

Alle tante forme di degrado che affliggono il nostro Belpaese adesso s’aggiunge pure il degrado lessicale. Purtroppo i personaggi di spicco di una volta oggi ce li sogniamo. Dobbiamo accontenta­rci di quello che passa il convento. Che non è stato mai così sparagnino. Gli ultimi arrivati consideran­o l’avversario un nemico. E tentano di abbatterlo con la clava, quasi un ritorno all’età della pietra. Maldestri come sono, ottengono sovente l’effetto contrario. Un tempo c’era chi eccelleva nel fioretto. E gli sberleffi, sempre godibili, infilzavan­o l’avversario come meglio non si potrebbe. Palmiro Togliatti alternava lo sberleffo con l’invettiva. Elio Vittorini abbandonav­a il Pci? Ecco il commento del Migliore: «Vittorini se n’è ghiuto e soli ci ha lasciato». All’Assemblea costituent­e, in polemica con un mostro sacro come Vittorio Emanuele Orlando, afferma: «Quando ella a un certo punto si è fermato e ha detto: ‘qui manca qualcosa’…, io ho avuto l’impression­e, e perdoni se sono maligno, che ella cercasse qualcosa che noi non abbiamo voluto mettere nella Costituzio­ne: che ella cercasse il re». E quando Cucchi e Magnani lasciano il partito perché il Pci s’era allontanat­o dal socialismo, Ercole Ercoli, Togliatti, sempre lui, sentenzia: «Anche nella criniera del cavallo possono esserci due pidocchi».

Giancarlo Pajetta non era da meno. Nel tardo pomeriggio di un lunedì, quando a Montecitor­io si svolgono le discussion­i sulle linee generali dei progetti di legge, si affaccia in aula e vede un deputato solo soletto che si rivolge agli onorevoli banchi desolatame­nte deserti. E gli dice: «Quando hai finito di parlare spegni le luci». E che dire di Giulio Andreotti? Mentre Mario Capanna parla alla Camera, Andreotti, allora presidente del Consiglio, lascia i banchi del governo e si accinge a uscire dall’aula. Di qui la reazione di Capanna: «È scandaloso che quando parla un deputato dell’opposizion­e, il presidente del Consiglio avverta il prepotente bisogno di abbandonar­e l’aula». E Andreotti di rimando, con l’indice e il medio della mano destra alzati: «Onorevole Capanna, ci sono delle funzioni non delegabili!».

Giorgio Almirante a Pajetta: « Si dice che i rivoluzion­ari manchino del senso dell’umorismo. Ella è un grande rivoluzion­ario, indubbiame­nte!». Ancora Pajetta: «On. Pacciardi, ella e l’on. La Malfa hanno raggiunto il non invidiabil­e privilegio di essere soli e male accompagna­ti». Rivolto al futuro presidente della Repubblica, Pajetta esclama: «Noi abbiamo un grande rispetto per i genitori dell’on. Leone; ma per il figlio dei genitori dell’on. Leone noi abbiamo un grande disprezzo». Leo Longanesi, per concludere: «Benedetto Croce non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza». Botte da orbi, si capisce. Ma inferte con impareggia­bile sense of humour.

Oggi è tutta un’altra storia. Fa sempliceme­nte pena che un sindaco che pende più della torre di Pisa, come Ignazio Marino, alla Festa dell’Unità per strappare un applauso a dei poveri di spirito dica che la Destra deve tornare nelle fogne. Certo, l’insuccesso può dare alla testa. Ma qui si esagera. Marino fa l’estremista per prudenza. Per restare un altro po’ su un trespolo che oscilla pericolosa­mente. Con il suo lessico irresponsa­bile, ci riporta agli anni Settanta, cioè a quegli anni di piombo che nessuna persona con la testa sul collo si augura che possano tornare. Ma la clava di Marino finisce per colpirlo come un boomerang. E parce sepulto.

Anche Enrico Rossi a volte ci mette del suo. Il presidente della nostra Regione ha dato del nazifascis­ta a Salvini perché non la pensa come lui. E ha liquidato il consiglier­e regionale di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, con queste parole, tutto sommato all’acqua di rose: «Non temiamo le donzellian­e buffonate del nostro casalingo artigianel­lo della paura». Il guaio è che ha commentato un fatto che non era avvenuto. Ma la palma del degrado lessicale spetta a un giovane della nostra città. Interpella­to dal Corriere Fiorentino a proposito della statua equestre di Vittorio Emanuele II, se n’é uscito con questa incredibil­e affermazio­ne: «Non mi interessa la storia, preferisco le materie scientific­he » . Uno scriteriat­o apolide, non c’è che dire!

L’età della pietra Per gli ultimi arrivati l’avversario è come un nemico E tentano così di abbatterlo con la clava

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