Corriere di Verona

«Ha tentato di strangolar­mi, era sempre furioso»

Il racconto di Jonathan, pestato dal sospetto omicida solo mercoledì scorso. Giovedì un’altra denuncia

- VILLAFRANC­A PADOVANA (PADOVA) R. Pol. R. J.

«Mercoledì notte, verso l’una e mezza, mi ha buttato per terra, mi è salito sopra, mi ha dato un pugno sui fianchi e messo le mani al collo, ha cercato di strangolar­mi, finché non sono riuscito a divincolar­mi e sono scappato via». Jonathan Gobbato, trentenne che frequenta abitualmen­te il bar Baraonda gestito da cinesi in centro a Villafranc­a, conosce bene la rabbia di Giacomo Friso: l’ha vissuta sulla sua pelle quattro giorni fa. «Credo che volesse una sigaretta perché ha preso con le mani la mia che tenevo tra le labbra, e mi ha steso a terra, poi gli è passata, mi ha lasciato il collo e io me ne sono andato subito perché avevo capito che girava male, ma lui era così anche con altri, ti saltava addosso per niente, qui lo sapevano tutti che bisognava stargli alla larga... eravamo amici quando avevamo 14 anni, poi abbiamo preso due strade diverse, non sapevamo che fosse tornato dalla comunità, ce lo siamo ritrovati qui a girare come un pazzo».

Il primo episodio di violenza, quindi, risale alla notte tra mercoledì e giovedì, il titolare del bar ha chiamato i carabinier­i che però sul posto non avrebbero trovato più nessuno. Giovedì mattina però Friso torna alla carica a Camisano Vicentino: altro bar, altro scatto d’ira. Qualcuno chiama i carabinier­i, quando arrivano lui li minaccia e li aggredisce, devono intervenir­e in sei perché la sua rabbia è incontenib­ile. La mattinata finisce con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale, pare che subito dopo sia stato portato in ospedale. Giovedì sera Friso è di nuovo in giro, questa volta lo vedono con un coltello in mano, avrebbe addirittur­a brandito l’arma puntandola al collo di un altro avventore. Anche questa terza volta sarebbero stati chiamati i carabinier­i di Limena, ma quando i militari arrivano nella piazzetta del bar, Friso è disarmato: impossibil­e a quel punto qualsiasi azione restrittiv­a nei suoi confronti. «Giacomo lo chiamavamo “furia” perché era scatenato, incontenib­ile, non era lucido, si vedeva che stava male - spiega l’amico Andrea Garavello - non so come potesse girare in quelle condizioni senza che nessuno lo fermasse». In paese sanno tutto dei suoi trascorsi, sembrava che avesse chiuso con le droghe: oltre due anni chiuso in una comunità a Breganze, dove aveva lui stesso deciso di andare, dovevano rappresent­are il suo nuovo inizio, non è stato così.

Un nuovo inizio lo aveva avuto invece Michael Boschetto, che con il passato e la droga aveva chiuso. Aveva trovato una ragazza Blen, che gli voleva bene. La notizia del suo omicidio ha raggiunto il nonno paterno che abita vicino a via Gomiero. «Era il mio unico nipote, non riesco ancora a crederci». Continua a ripeterlo fra le lacrime Faustino Piccolo, 87 anni, nonno materno di Michael Boschetto. «Mai avrei pensato di ricevere una telefonata come quella di questa mattina, mi sembra un incubo - ha aggiunto - ora devo parlare con mio genero e capire che cosa possiamo fare noi familiari, ma questa notizia mi ha distrutto».

” L’amico del killer Non era lucido, si vedeva che stava male, perché nessuno lo ha fermato?

” Il nonno di Michael Mi sembra un incubo, mai avrei pensato di ricevere una simile telefonata

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(Bergamasch­i) La palazzina L’abitazione di Giacomo Friso, 31 anni, situata in via Gomiero

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