Rialto, un caso la targa di Rosso «Va tolta». «Guardiamo alla bellezza»
Festa per il restauro, ma la scritta di mr Diesel divide. Brugnaro: non dico che faccio beneficenza
Cita il padre: «Non mancava di ricordarmi che la vita mi ha dato tanto e che abbiamo l’obbligo di ridarlo indietro». Renzo Rosso spiega così il motivo che lo ha spinto a finanziare con 5 milioni di euro il restauro del ponte di Rialto, inaugurato ieri mattina (anche se i lavori sono finiti quasi due anni fa). «È stato come restaurare un quadro, quando abbiamo tolto le tele l’emozione è stata unica», sottolinea. Poi ci ha messo anche la «firma», che però ha scatenato le polemiche tanto che ieri mattina Fratelli d’Italia ha presentato una mozione chiedendo che la targa celebrativa inserita tra i masegni del ponte di Rialto venga rimossa al più presto «per non creare dei precedenti simili che vedrebbero Venezia tappezzata in lungo e in largo». I malumori erano cominciati già il giorno prima, quando gli operai la stavano installando («Inopportuna, non si sbandiera il mecenatismo», aveva detto il gruppo Venessia.com) e sono continuati ieri. Perché nel mirino è finita anche la sovrintendenza che ha dato il via libera. Tutto questo mentre il ponte è stato parzialmente chiuso (qualche malumore dei veneziani che dovevano circumnavigarlo per passare da una parte all’altra) e l’inaugurazione (presentata dall’attrice Cristiana Capotondi) portava Andrea Bocelli a cantare prima l’Inno di Mameli dalla sua sommità e poi il «Nessun dorma», quando era arrivato il momento di scoprire la targa. «Rialto è uno dei simboli di Venezia e oggi non possiamo che ringraziare Renzo Rosso — ha detto il governatore del Veneto Luca Zaia — Non bastano i soldi, ma ci vogliono anche il coraggio e l’ardore. Ci vogliono imprenditori come lui che non pensano solo al guadagno ma anCanal che al ritorno sociale». Poi l’appello: «Ora basta bombolette spray e scritte, questo è un museo a cielo aperto».
«Otb e Renzo Rosso hanno finanziato il restauro del ponte di Rialto riportandolo alla sua magnificenza affinché il mondo possa goderne», si legge, in rigoroso inglese, sulla targa posizionata accanto alla balaustra che guarda sul Grande. «Ogni volta che si fa qualcosa è tradizione lasciare un simbolo che rimane nella storia — dice Rosso — Noi abbiamo dato il testo, com’è fatta lo hanno deciso all’epoca Comune (l’accordo è del 2012 e tra i benefit del finanziamento c’era anche l’installazione della targa, ndr) e Sovrintendenza. Polemiche ce ne sono sempre, guardiamo alla bellezza di quello che è stato fatto e a chi contesta dico: perché non lo avete fatto voi?». Tutto finito? Forse qualche strascico sarà ancora inevitabile, ma i titoli di coda cerca di farli scorrere il sindaco: «C’era un accordo fatto da tempo a cui ho aderito, io faccio tanta beneficenza ma non lo dico così come tanti altri imprenditori a cui vorrei dare una targa ideale, piuttosto vorrei sottolineare la collaborazione tra pubblico e privato che è la strada per mantenere in salute la città».
Ci hanno lavorato 130 persone, tra restauratori, operai e tecnici, che in 80mila ore e grazie all’installazione di oltre 5500 metri quadri di ponteggi hanno riportato al loro antico splendore il ponte tra bassorilievi, targhe e mascheroni che lo decorano. «Un segnale importante di rinascita e incoraggiamento per le categorie lavorative e professionali che vivono forti difficoltà, un vero “ponte” di speranza verso una ripresa innanzitutto spirituale, se manca questa ogni altra ripresa ha breve durata, dopo le tante batoste, dalle acque alte alla pandemia», ha detto il patriarca Francesco Moraglia rivolgendosi al ministro del Turismo Massimo Garavaglia. «Lo faccia presente a Roma - ha detto -servono interventi all’insula marciana e non solo». Così come il sindaco non ha mancato di ribadire la richiesta al governo di rifinanziare la Legge speciale. «Abbiamo chiesto 150 milioni all’anno per 10 anni perché quello che viene dato oggi alla città non è sufficiente per far fronte a tutte le criticità. Chiediamo solo la stessa cifra che finanziavano prima del Mose». «La vedremo — la laconica risposta di Garavaglia — così come tante cose».