MA NELLE SCUOLE COS’È CAMBIATO?
Riaprono le scuole. Speriamo per sempre, senza future interruzioni. Ma non ne siamo tanto sicuri. Cosa è stato fatto davvero perché non si sia costretti a nuove chiusure? Cosa è cambiato rispetto a un anno fa? Purtroppo non moltissimo nelle scuole. Tutto o quasi, per fortuna, nel mondo là fuori. Perché là fuori c’è stata una campagna vaccinale di massa che ha funzionato abbastanza bene, e molto bene anche nella scuola stessa: dove in assenza di un obbligo vero, che nessuno ha avuto il coraggio di imporre anche se sarebbe stato opportuno e probabilmente doveroso, la gran parte del corpo docente si è vaccinata (come la quasi totalità – salvo percentuali da prefisso telefonico – dei professori universitari, ambito in cui il green pass obbligatorio è stato richiesto e sollecitato, senza resistenze o indecenti coperture sindacali).
Non solo: hanno risposto molto bene alla campagna vaccinale anche i giovani e i ragazzi sopra i 12 anni, che pure non avevano nessun obbligo di farlo e correndo soggettivamente meno rischi; mostrando una coscienza civica superiore a quella di oltre tre milioni di over 50 che ancora si sottraggono alla campagna vaccinale, continuando a occupare in larga maggioranza reparti di terapia intensiva che avrebbero invece altro da fare, e altri malati da curare. Tutto questo, per fortuna, è successo, e riguarda le persone che nelle scuole lavorano o le frequentano. Ma nelle scuole, dentro le scuole, che cosa è cambiato? Ecco, vorremmo saperlo. Ci piacerebbe che la trasparenza che abbiamo imparato ad esigere sui dati vaccinali, la richiedessimo (meglio ancora, ci piacerebbe emergesse senza sollecitazioni) rispetto alle misure adottate dalle scuole: installazione, manutenzione o rinnovo degli impianti di ventilazione meccanica; impianti di purificazione con filtri Hepa; sensori di rilevazione CO2; organizzazione di più frequenti attività all’aperto; modifiche nell’impostazione delle aule e nella numerosità delle classi; orari d’ingresso e di uscita differenziati; ecc. (disponibilità di gel e mascherine e tentativi di rispetto del distanziamento spaziale nelle mense e negli spazi comuni li diamo per scontati, anche se non siamo particolarmente ottimisti sulla loro fattibilità, in particolare per quel che riguarda questi ultimi). Dalle notizie che arrivano, di circolari scolastiche o di linee guide dagli uffici scolastici, poco emerge: si parla delle misure ovvie, ci si affida a raccomandazioni generiche, si aggiungono considerazioni sulla ventilazione naturale (che poi vuol dire finestre sempre aperte: sì, ma fino a quando?). Manca una rilevazione di quel che si è fatto scuola per scuola: una onesta operazione trasparenza di fronte al cittadino utente, che si tratti dei genitori o degli alunni. Così come manca rispetto ai piani trasporti e al loro potenziamento reale: di cui si dice qualcosa (il meno possibile, perché è il settore più difficile da organizzare, e presuppone costi maggiori e una capacità logistica che finora non si è vista). E forse sarebbe il caso di richiederla, invece, questa trasparenza: e che magari anche i media locali indirizzassero la loro attenzione su questo tema. Il timore infatti, in assenza di piani trasporti efficaci e di lavori reali nelle scuole, è che prima o poi, in presenza di cluster monitorati (il tracciamento e le sue modalità all’interno delle scuole è un altro dei temi su cui si sa poco), si sia comunque costretti a un ritorno alla didattica a distanza (DAD), che a parole nessuno vuole, ma che sempre più si mostra come l’ultima opzione disponibile: il capolinea inesorabile che la mancanza di fermate intermedie, di misure d’altro genere, rende inevitabile raggiungere. E qui, naturalmente, si renderebbe necessario un altro approfondimento. Su quello che si è fatto – o non si è fatto – nel frattempo, in caso ci si dovesse arrivare, per aggiornare i docenti e per compensare le diseguaglianze socio-culturali (di disponibilità di computer e tablet, di accesso alla banda, di supporto e di doposcuola per le famiglie che non ce la fanno da sole, anche in accordo con l’associazionismo, specie nelle scuole e nelle zone in cui la presenza di famiglie più povere o con minori risorse culturali è maggiore). Perché la sensazione è che anche in quest’ambito si sia rimasti all’anno scorso…