Corriere di Verona

Accoltella­ta al cuore orrore nel giorno contro la violenza sulle donne

Cadoneghe, ossessiona­to dalla gelosia aveva già minacciato di ucciderla e messo telecamere nel lampadario Lei era fuggita e tornata dopo le scuse i figli riposavano nella stanza accanto

- di Andrea Pistore

«Ho ucciso CADONEGHE (PADOVA) mia moglie, venite a prendermi al civico 3 di via Piave a Cadoneghe». Abdelfetta­h Jennati, 39 anni, marocchino, magazzinie­re in una ditta dell’Alta Padovana, ha colpito con una coltellata al cuore la moglie, Aycha El Abioui, trentenne connaziona­le e poi ha chiamato il 112. L’uomo era ossessiona­to dalla gelosia: il 5 ottobre la trentenne aveva denunciato in caserma il marito per le ripetute minacce, dopo aver abbandonat­o la casa.

Martedì CADONEGHE (PADOVA) notte l’operatore di turno alla centrale del 112 ha risposto alle 23.30. Al telefono, una voce «fredda», si è limitata a comunicare: «Ho ucciso mia moglie, venite a prendermi al civico 3 di via Piave a Cadoneghe».

A parlare è Abdelfetta­h Jennati, 39 anni, marocchino, magazzinie­re in una ditta dell’Alta Padovana, che si sta auto denunciand­o pochi istanti dopo aver ucciso la moglie Aycha El Abioui, trentenne connaziona­le. L’ha fatto quando mancavano pochi minuti alla mezzanotte di ieri, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. E cinque minuti più tardi una pattuglia dei carabinier­i è intervenut­a nella palazzina a tre piani trovando l’omicida impassibil­e all’ingresso del condominio. Lucido, ha indicato ai militari di salire le scale al primo piano dell’appartamen­to composto soggiorno, cucine e due camere, dove gli operatori hanno rinvenuto il cadavere della donna ancora in pigiama sul suo letto. In quel momento, in un’altra stanza, dormivano senza essersi accorti di nulla i tre figli di 4, 7 e 9 anni. Sul posto si sono portati gli uomini del Nucleo Investigat­ivo in stretto contatto con il colonnello Luigi Manzini, comandante del provincial­e di Padova, e il pm di turno Marco Brusegan.

Il femminicid­a è stato ammanettat­o mentre le sue confession­i hanno cristalliz­zato la scena del delitto, confermand­o i dettagli che poco dopo avrebbe raccolto il medico legale: Aycha è stata uccisa nel sonno con due fendenti, il primo che l’ha colpita non in profondità, il secondo che è arrivato a trafiggerl­e il cuore. Nessun apparente segno di colluttazi­one, se non una piccola ferita alle dita. Il resto lo chiarirà l’autopsia.

L’arma è un coltellacc­io di 30 centimetri, largo quanto una mano, un attrezzo artigianal­e che è stato sequestrat­o. Il movente è da ricercare nella gelosia bieca (e immotivata) che l’uomo provava per la consorte. In un primo momento si era diffusa anche l’ipotesi che la donna fosse incinta del quarto figlio, circostanz­a poi chiarita: la trentenne aveva abortito poco meno di un mese fa per sua scelta, dovuta a motivi di salute. La morbosa gelosia di Jennati era nota: il 5 ottobre la trentenne aveva denunciato in caserma il marito per le ripetute minacce, dopo aver abbandonat­o l’appartamen­to portando con sé i figli. Nella querela si faceva riferiment­o ad atteggiame­nti inquietant­i: l’uomo la spiava, aveva installato una telecamera nascosta nel lampadario del soggiorno per controllar­e i suoi movimenti ed era sicuro che lei avesse un amante. Era anche convito che la consorte avesse scelto di interrompe­re la gravidanza perché non certa dell’identità del padre.

A fine settembre aveva minacciato di ucciderla nel sonno, tanto che i carabinier­i avevano già raccolto tutte le testimonia­nze di amici e parenti, presentand­o in procura la richiesta al magistrato di emettere, nei confronti di Jennati, un divieto di avviciname­nto alla moglie. Aycha (che era seguita dal Centro antiviolen­za di Padova) a inizio ottobre aveva deciso di andarsene di casa, vivendo coi figli per una ventina di giorni da un’amica, prima di ritornare e ritirare la querela: «Alla fine mio marito è una brava persona, coi bambini è un ottimo padre» aveva raccontato a chi le sconsiglia­va di rincasare.

Nel Padovano la famiglia si era trasferita all’inizio del 2019, dopo aver vissuto per un decennio a Caltanisse­tta in Sicilia. «Era una famiglia conosciuta ai servizi sociali- ha spiegato Marco Schiesaro, sindaco di Cadoneghea­vevano ricevuto aiuti, anche economici. I figli frequentan­o le scuole del Comune, adesso ci prenderemo cura di loro».

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Nella casa del delitto Un parente della coppia e il sindaco davanti all’appartamen­to in cui è stata uccisa la trentenne Aycha El Abioui
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La vittima Aycha El Aiboui, aveva trent’anni

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