Tratteggi di avventure i due pionieri visionari
Il triestino Cozzi e il trevigiano Mazzotti uniti da comuni passioni
Uniti dalla passione per l’alpinismo e per l’arte, ironici, precursori e visionari. Tra le punteggiature che rendono intrigante il percorso della mostra «Il racconto della montagna» a Palazzo Sarcinelli curata da Giandomenico Romanelli e Franca Lugato, vale la pena soffermarsi su due personaggi: Napoleone Cozzi (1867-1916) e Giuseppe Mazzotti (19071981). Il primo pittore e alpinista triestino, animatore di feste e spettacoli negli anni che precedono la Prima guerra mondiale e convinto irredentista, al punto da venire arrestato e trascorrere diversi mesi in carcere; il secondo critico d’arte, scrittore e saggista trevigiano, autore di numerosi lavori per la promozione del territorio (dal suo grido d’allarme sulle condizioni precarie di molte ville venete è iniziata la valorizzazione di questo patrimonio) e poi «scalatore entusiasta e collaboratore assiduo della rivista del Club Alpino con articoli di costume e denuncia», marca Romanelli.
Entrambi hanno vissuto la montagna in maniera «eccezionale», restituendone la valenza culturale, morale e sentimentale. C’è tutto il sapore della scoperta e della meraviglia nella sezione che la rassegna coneglianese dedica a Cozzi e alla sua «Squadra volante». «Un manipolo di giovani alpinisti triestini – racconta Lugato - che ha precorso il moderno alpinismo “senza guida”. Possiamo rivivere le imprese di questi uomini grazie ai preziosi acquerelli di Cozzi che ne divenne il carismatico trascinatore». Oltre a essere un grande alpinista Napoleone Cozzi fu abile decoratore di teatri e caffè nei quali espresse un gusto secessionista, tra simbolismo e Jugendstil. Un tratto raffinato che ritroviamo in alcuni degli incantevoli e pressoché e inediti album che accompagnarono le sue intrepide scalate.
«Sono custoditi – spiega Franca Lugato - dalla Società Alpina delle Giulie e sono stati generosamente prestati per l’esposizione. I due taccuini del 1898 descrivono l’esperienza della salita al Monte Chiampon nelle Prealpi Giulie e alla Piccola Cima di Lavaredo». L’impresa più impegnativa è quella riferita nel taccuino del 1902 delle Prealpi Clautane,
quando la Squadra affronta tre cime inviolate: la Rocca Duranno, il Campanile Montanaia e il Monte Toro. La partita si giocherà proprio sul Campanile, conteso con un gruppetto di giovani alpinisti austriaci. Spetterà proprio a loro e non ai triestini il merito della prima salita, agevolati lungo il percorso dai segni a gessetto lasciati da Napoleone. «Cinquantatré immaginifici acquerelli narrano l’azione: una valle infernale, una pietraia con mostri al posto dei monti e violenti contrasti tra la luce e l’ombra. Le numerose dediche apposte nelle pagine finali testimoniano l’apprezzamento di alpinisti e appassionati di montagna che avevano potuto sfogliarlo».
Tra queste troviamo pure quella di Giuseppe Mazzotti e sembra quasi un simbolico passaggio del testimone. «Mazzotti è una figura chiave – chiosa Giandomenico Romanelli - del Veneto novecentesco, in particolare del mondo trevigiano e dolomitico. Ha descritto le sue avventure alpinistiche e le imprese dei protagonisti di questo sport con grande efficacia e partecipazione emotiva».
Arguto osservatore dei nuovi costumi, nel 1931, appena ventiquattrenne, scrisse il simpaticissimo La montagna presa in giro, che divenne una sorta di galateo dell’ambiente alpino. Un libro premonitore, con l’autore che annunciava il timore di un turismo sfrenato e non di qualità, osservando le liturgie attorno alla montagna e denunciando le «smanie» di villeggiatura che «inquinano» la bellezza: dalle attrezzature sportive ai segnali colorati per indicare i sentieri, dai beoni alle automobili. «Più volte ristampato e tradotto, con questo testo – sottolinea Romanelli - Giuseppe Mazzotti è stato tra i primi a mettere in guardia dal pericolo cui il mondo della montagna era esposto a causa di una presenza turistico-escursionistica invasiva, incolta, volgare. Con ironia e talvolta con profonda irritazione contesta questo assalto che rischiava (già allora) di provocare danni irreparabili all’ambiente alpino». Cozzi e Mazzotti: mito e anti-mito delle montagne del Nordest.
I curatori Giandomenico Romanelli e Franca Lugato hanno curato il percorso espositivo
Romanelli Mazzotti tra i primi ha messo in guardia dei pericoli della montagna
Lugato Cozzi fa rivivere le imprese dei giovani alpinisti nei suoi acquerelli