UN INGORGO CHE SI POTEVA EVITARE
La contingenza è frutto di scelte sbagliate, serve una riforma a mente fredda
Oggi è il giorno dell’ingorgo fiscale: 192 ra versamenti e adempimenti tutti insieme. Un ingorgo che si poteva evitare e che guasta il rapporto contribuente-fisco.
Sono 123.730 milioni di euro le entrate tributarie nei primi 4 mesi del 2020, con un -4,4% rispetto al 2019, evidentemente dovuto all’impatto del Covid-19 sull’economia. Il Veneto è tra le prime 10 regioni Italiane per l’apporto tributario, con poco meno di 10 mila euro di importo medio annuale pro-capite a contribuente, mentre al primo posto ci sono i lombardi con in media oltre 12 mila euro pro-capite.
Dei molti adempimenti fiscali in scadenza da domani (192 sono i versamenti e le scadenze che si accumulano, secondo l’allarme lanciato dalla Cgia di Mestre, ndr) , alcuni si riferiscono a scadenze «ordinarie» e ricorrenti - Iva, ritenute, contributi -, altri a pagamenti prorogati durante il periodo dell’emergenza. Questi, comunque, possono essere rateizzati, ma la rateizzazione richiede ulteriori adempimenti che pesano sulle imprese e sui professionisti che le assistono.
L’ingorgo si poteva evitare prestando maggiore attenzione alle scadenze, anche semplicemente procrastinando di un ulteriore mese le proroghe disposte a fronte dell’emergenza.
La situazione che si viene a creare induce a riflettere sulla qualità dei rapporti tra fisco e contribuenti, la quale è influenzata non solo dal livello delle aliquote – quella che si chiama pressione fiscale – ma anche dalle modalità e dai tempi di adempimento degli obblighi tributari.
Più volte e da più parti si è invocata la necessità di una riforma fiscale e di recente il direttore dell’Agenzia delle Entrate si è pronunciato a favore del superamento del meccanismo attuale di acconti e saldi per imprese e autonomi, proponendo di passare a un sistema di liquidazione mensile, sulla base della differenza tra quanto incassato e quanto speso.
L’idea potrebbe forse funzionare per i contribuenti più piccoli, mentre mi sembra che sarebbe difficilmente gestibile per la generalità delle imprese, per le quali la base imponibile è collegata al risultato del bilancio ed è influenzata da una serie di componenti di carattere valutativo, che non possono che essere determinate a fine esercizio. E comunque, dovremmo sempre tenere conto che ogni mese il contribuente dovrebbe effettuare una liquidazione e un versamento, anche per l’Irpef.
Direi, quindi, che sarebbe un errore pensare alle direttrici della riforma fiscale sull’onda della situazione contingente che si è venuta a creare in questi giorni. Questa è frutto di scelte sbagliate ed è comunque una situazione eccezionale, dettata dalla necessità di fare fronte a una situazione di emergenza, che speriamo non si ripeta.
La riforma va invece pensata a mente fredda, partendo dall’idea che il sistema fiscale va sicuramente semplificato, eliminando adempimenti poco utili e sfoltendo la selva di tributi dal gettito limitato, ma anche accettando il fatto che la misurazione accurata della capacità contributiva (della ricchezza da tassare) presuppone una dose di complessità che non può essere evitata. In altri termini, la complessità nella misurazione si può tollerare, se e in quanto sia funzionale alla corretta determinazione del reddito da tassare, mentre gli ingorghi e gli appesantimenti burocratici si possono, e si debbono, evitare.