Già attivo oltre l’82% delle imprese, sostegno dal piano Riparti Verona
Da lunedì scorso, con il via libera a manifatturiero ed edilizia, sarebbe attivo l’82.5% delle 96.278 imprese veronesi. Sulla carta, traducendo, circa 79mila aziende. Fonte della stima è la Camera di Commercio in base ai codici Ateco. Ed è da quella stima che l’ente camerale è partito, ieri, nel raccontare il proprio piano, «Riparti Verona», che prevede uno stanziamento per l’economia locale di 30 milioni spalmati in tre anni con 10 milioni accantonati per eventuali aumenti di capitale nelle aziende partecipate (tra le principali Fiera, Aeroporto, Verona Mercato, Consorzio Zai, Autostrada del Brennero). Se prima del decreto governativo del 26 aprile si calcolava che fosse aperta un’azienda su due, ora dunque il numero sale. Ma non per tutti i settori. Agricoltura, silvicoltura, pesca, edilizia e manifatturiero sarebbero al 100%. Il ramo dei servizi alle imprese al 96%. Con il commercio si scende al 74,6%, sotto l’influenza della fresca riapertura del commercio all’ingrosso. Mentre nell’area dei servizi alle persone e dell’alloggio/ristorazione si scende rispettivamente al 38,8% e al 20,8%. Cresce anche la stima dei lavoratori dipendenti totali che sarebbero tornati operativi, con l’ulteriore decreto del 26 aprile, ossia l’85% su 411mila addetti alle imprese. Suona così, insomma, il quadro stimato dell’economia locale, in quest’inizio di maggio. Quell’economia locale che, nel riassunto proposto ieri da Paolo Tosi, vicepresidente della Camera di Commercio, veniva da «28.6 miliardi di fatturato nel 2019» di cui «12 miliardi generati dall’export» e «con un tasso di disoccupazione del 4.6%». Un’economia che oggi vive la recessione nazionale generata dal lockdown. Tra i punti individuati dal piano c’è allora il supporto alle aziende partecipate dall’ente camerale: «Sull’aumento di capitale della Fiera copriremo la nostra quota — dice il presidente della Camera di Commercio, Giuseppe Riello — Circa le altre strutture a oggi non ci sono prospettive imminenti di aumenti di capitale ma ci sembrava corretto accantonare risorse sul tema, identificate fino a 10 milioni, perché passato questo momento esse produrranno un valore in termini economici ma anche di effetti sul territorio: non possiamo permetterci di rimanere fuori da certe partecipazioni, anzi, se possibile negli anni successivi andremmo ad aumentarle». Tra i punti chiave figura anche la liquidità per le imprese: la Camera di Commercio annuncia che «tra settembre e ottobre scatterà un primo bando utilizzando lo strumento dei confidi», il tutto per 1 milione di stanziamento nel 2020. Un milione di euro, nel 2020, anche per il supporto alle imprese nell’export, e pure lì si prevede un bando tra settembre e ottobre. Per le attività di promozione del turismo, 200mila euro nel 2020. Quindi, 2 milioni in 3 anni per il supporto alla digitalizzazione. Il piano vede l’ente camerale candidarsi al ruolo di «trait d’union nella partita dell’export», come spiega Riello, ma soprattutto «vuol essere un segnale per tutti che con poco si può fare molto». Uno degli obiettivi principali è «evitare la mortalità d’imprese che vivevano col cassetto quotidiano o che sono partite poco prima dell’emergenza-coronavirus ritrovandosi così subito in difficoltà», riflette Tosi. Concetto di base, «quei 30 milioni — dicono dalla Camera di Commercio — potranno generare un effetto-leva, moltiplicando il loro valore di almeno 5 volte, in certi casi anche 10».