Treni e bus a capienza ridotta «Mezzi pubblici a rischio caos»
Pressing delle Regioni, Veneto in testa, sul Mit per avere linee guida più dettagliate. De Berti: «Serve un coordinamento». Verona apripista e fa da sé
A Verona la stessa centralina che in pieno lockdown registrava 4.000 veicoli in 24 ore, adesso ne segna 7.000. E le riaperture della Fase due non sono neppure cominciate, se non per una piccolissima parte. Da questi numeri e dalle scarne linee guida che arrivano da Roma, è nato il Pme, Piano per la mobilità di emergenza steso dal vicesindaco Luca Zanotto. I problemi di un microcosmo complesso come quelli di un grande capoluogo sono gli stessi, centuplicati, che sta fronteggiando Elisa De Berti, assessore regionale ai Trasporti. «Se non attuiamo un coordinamento sarà semplicemente il caos».
Ma pensare che «caos» sia un’iperbole è fuori luogo se si discute di Tpl, trasporto pubblico locale, durante la Fase due. L’obiettivo è un quasi impossibile punto d’equilibrio fra sicurezza, servizi e rischio di ritrovarsi dopo il grande deserto degli ultimi mesi tutti in coda lungo strade paralizzate dal traffico. Un rompicapo cinese in cui le variabili impazzite soverchiano le opzioni percorribili. «L’ultimo incontro con il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli - spiega De Berti - risale a giovedì scorso. La chat con i colleghi delle altre regioni squilla in continuazione.Partiamo dal rischio più concreto, vale a dire la sfiducia di chi i mezzi li prendeva ma ora potrebbe preferire l’auto». All’estremo opposto, poi, c’è una città come Venezia raggiungibile quasi esclusivamente con bus, tram e treni. «Sono problemi reali - continua l’assessore regionale - e stiamo perdendo la voce per spiegarli al ministero. Un esempio? Nella bozza di linee guida ministeriale mascherine e guanti per salire in autobus non erano obbligatorie, lo sono diventati solo dopo il pressing delle Regioni». La rabbia trattenuta a stento davanti a un numero maggiore di domande che di risposte.
L’organizzazione, ma sarebbe meglio parlare di rivoluzione, del tpl è competenza regionale ma Palazzo Balbi reclama un unico tavolo, ad esempio in prefettura, per capire con che cadenza verranno riaperte le aziende ma anche a chi è affidato il controllo del rispetto delle misure di sicurezza su treni e bus. Le linee
De Berti Mascherine e guanti obbligatori sui bus solo dopo il pressing delle Regioni. Sulle scuole si deve decidere ora per settembre
guida demandano genericamente alle aziende di trasporto, che non hanno personale o prerogative sanitarie, e alle forze dell’ordine ma le prefetture mettono le mani avanti: dopo il liberi tutti l’organico tornerà ad essere quel che era, insufficiente. «Per programmare treni ragionati - attacca De Berti - ho bisogno di 15 giorni per provvedere alla sanificazione e far rientrare il personale in cassa integrazione. Non basta uno schiocchio di dita». Ciò che cambia tutto è quel metro di distanza da garantire sui mezzi. E i conti sono presto fatti, i treni possono viaggiare con una capienza del 50%, i bus al massimo del 30. «Ora - ragiona l’assessore magari basterà perché ci sarà una pesante flessione della domanda ma a quel punto si spalanca la voragine sui conti». I numeri sono noti: in questi mesi di lockdown i bus hanno perso il 95% di passeggeri, il 75% sui treni. In Veneto, a differenza di altre regioni, il 50% del piano economico finanziario delle aziende di trasporto pubblico si regge sui ricavi. «Lo traduco brutalmente - aggiunge l’assessore regionale - è la sopravvivenza stessa delle aziende ad essere in gioco. Per il 2020 il buco in Veneto andrà dai 150 ai 200 milioni». Il governo ha ripristinato su scala nazionale un fondo decurtato anni fa da 58 milioni più un fondo ad hoc che secondo le ultime previsioni arriva a 800 milioni. «Ne servono almeno il doppio in Italia» chiosa De Berti.
C’è quindi da augurarsi che ci sia una domanda più vicina a quella precedente l’emergenza sanitaria? Per i conti, certo. Ma per l’attuazione, dice papale papale l’assessore regionale «sarà il caos». «Chi gestirà gli assembramenti di gente in attesa? De Micheli parla di presidi nelle stazioni ferroviarie ma in Veneto sono presidiate 20 stazioni su 170, le altre sono piccole stazioni che non hanno neppure la biglietteria. Senza risorse ingenti e un tavolo unico fra aziende, parti sociali, enti pubblici e scuole il tpl sarà una roulette russa». Sulle scuole si sta già pensando di imporre agli istituti veneti lo stop alle lezioni il sabato e ai ponti diversificati per semplificare i trasporti ma anche la possibilità di continuare parzialmente la didattica a distanza.
I territori intanto si stanno attrezzando. In primis la Provincia di Belluno che non può permettersi di tagliar fuori intere frazioni. «Ci stiamo lavorando» dice il presidente Roberto Padrin. C’è la trevigiana Mom, mobilità di Marca, che tiene duro con le risorse accantonate in via prudenziale come ricorda l’assessore comunale alla Mobilità Christian Schiavon. E poi c’è il capoluogo scaligero che domani vedrà il varo del suo piano d’emergenza. «I punti su cui si basa sono 4 - sintetizza Zanotto - il primo è la gestione dei bus. La capacità dei mezzi sarà di un terzo. Ho convocato tutti i mobility manager del pubblico e del privato, scuole e università incluse per scaglionare entrate e uscite e incentivare l’aula a rotazione; per evitare il collasso del traffico favorendo bici e monopattini con tre nuove «zone 30» e poi la pedonalizzazione delle vie dello shopping per creare all’esterno “aree calme” dove attendere di entrare in negozio alla giusta distanza e in sicurezza». Prove tecniche di nuova normalità.
Il caso Verona Pronto il Piano per la mobilità d’emergenza: ciclabili, aree pedonali e ingressi scaglionati