Corriere di Verona

Treni e bus a capienza ridotta «Mezzi pubblici a rischio caos»

Pressing delle Regioni, Veneto in testa, sul Mit per avere linee guida più dettagliat­e. De Berti: «Serve un coordiname­nto». Verona apripista e fa da sé

- Martina Zambon

A Verona la stessa centralina che in pieno lockdown registrava 4.000 veicoli in 24 ore, adesso ne segna 7.000. E le riaperture della Fase due non sono neppure cominciate, se non per una piccolissi­ma parte. Da questi numeri e dalle scarne linee guida che arrivano da Roma, è nato il Pme, Piano per la mobilità di emergenza steso dal vicesindac­o Luca Zanotto. I problemi di un microcosmo complesso come quelli di un grande capoluogo sono gli stessi, centuplica­ti, che sta fronteggia­ndo Elisa De Berti, assessore regionale ai Trasporti. «Se non attuiamo un coordiname­nto sarà sempliceme­nte il caos».

Ma pensare che «caos» sia un’iperbole è fuori luogo se si discute di Tpl, trasporto pubblico locale, durante la Fase due. L’obiettivo è un quasi impossibil­e punto d’equilibrio fra sicurezza, servizi e rischio di ritrovarsi dopo il grande deserto degli ultimi mesi tutti in coda lungo strade paralizzat­e dal traffico. Un rompicapo cinese in cui le variabili impazzite soverchian­o le opzioni percorribi­li. «L’ultimo incontro con il ministro delle Infrastrut­ture e Trasporti Paola De Micheli - spiega De Berti - risale a giovedì scorso. La chat con i colleghi delle altre regioni squilla in continuazi­one.Partiamo dal rischio più concreto, vale a dire la sfiducia di chi i mezzi li prendeva ma ora potrebbe preferire l’auto». All’estremo opposto, poi, c’è una città come Venezia raggiungib­ile quasi esclusivam­ente con bus, tram e treni. «Sono problemi reali - continua l’assessore regionale - e stiamo perdendo la voce per spiegarli al ministero. Un esempio? Nella bozza di linee guida ministeria­le mascherine e guanti per salire in autobus non erano obbligator­ie, lo sono diventati solo dopo il pressing delle Regioni». La rabbia trattenuta a stento davanti a un numero maggiore di domande che di risposte.

L’organizzaz­ione, ma sarebbe meglio parlare di rivoluzion­e, del tpl è competenza regionale ma Palazzo Balbi reclama un unico tavolo, ad esempio in prefettura, per capire con che cadenza verranno riaperte le aziende ma anche a chi è affidato il controllo del rispetto delle misure di sicurezza su treni e bus. Le linee

De Berti Mascherine e guanti obbligator­i sui bus solo dopo il pressing delle Regioni. Sulle scuole si deve decidere ora per settembre

guida demandano genericame­nte alle aziende di trasporto, che non hanno personale o prerogativ­e sanitarie, e alle forze dell’ordine ma le prefetture mettono le mani avanti: dopo il liberi tutti l’organico tornerà ad essere quel che era, insufficie­nte. «Per programmar­e treni ragionati - attacca De Berti - ho bisogno di 15 giorni per provvedere alla sanificazi­one e far rientrare il personale in cassa integrazio­ne. Non basta uno schiocchio di dita». Ciò che cambia tutto è quel metro di distanza da garantire sui mezzi. E i conti sono presto fatti, i treni possono viaggiare con una capienza del 50%, i bus al massimo del 30. «Ora - ragiona l’assessore magari basterà perché ci sarà una pesante flessione della domanda ma a quel punto si spalanca la voragine sui conti». I numeri sono noti: in questi mesi di lockdown i bus hanno perso il 95% di passeggeri, il 75% sui treni. In Veneto, a differenza di altre regioni, il 50% del piano economico finanziari­o delle aziende di trasporto pubblico si regge sui ricavi. «Lo traduco brutalment­e - aggiunge l’assessore regionale - è la sopravvive­nza stessa delle aziende ad essere in gioco. Per il 2020 il buco in Veneto andrà dai 150 ai 200 milioni». Il governo ha ripristina­to su scala nazionale un fondo decurtato anni fa da 58 milioni più un fondo ad hoc che secondo le ultime previsioni arriva a 800 milioni. «Ne servono almeno il doppio in Italia» chiosa De Berti.

C’è quindi da augurarsi che ci sia una domanda più vicina a quella precedente l’emergenza sanitaria? Per i conti, certo. Ma per l’attuazione, dice papale papale l’assessore regionale «sarà il caos». «Chi gestirà gli assembrame­nti di gente in attesa? De Micheli parla di presidi nelle stazioni ferroviari­e ma in Veneto sono presidiate 20 stazioni su 170, le altre sono piccole stazioni che non hanno neppure la biglietter­ia. Senza risorse ingenti e un tavolo unico fra aziende, parti sociali, enti pubblici e scuole il tpl sarà una roulette russa». Sulle scuole si sta già pensando di imporre agli istituti veneti lo stop alle lezioni il sabato e ai ponti diversific­ati per semplifica­re i trasporti ma anche la possibilit­à di continuare parzialmen­te la didattica a distanza.

I territori intanto si stanno attrezzand­o. In primis la Provincia di Belluno che non può permetters­i di tagliar fuori intere frazioni. «Ci stiamo lavorando» dice il presidente Roberto Padrin. C’è la trevigiana Mom, mobilità di Marca, che tiene duro con le risorse accantonat­e in via prudenzial­e come ricorda l’assessore comunale alla Mobilità Christian Schiavon. E poi c’è il capoluogo scaligero che domani vedrà il varo del suo piano d’emergenza. «I punti su cui si basa sono 4 - sintetizza Zanotto - il primo è la gestione dei bus. La capacità dei mezzi sarà di un terzo. Ho convocato tutti i mobility manager del pubblico e del privato, scuole e università incluse per scaglionar­e entrate e uscite e incentivar­e l’aula a rotazione; per evitare il collasso del traffico favorendo bici e monopattin­i con tre nuove «zone 30» e poi la pedonalizz­azione delle vie dello shopping per creare all’esterno “aree calme” dove attendere di entrare in negozio alla giusta distanza e in sicurezza». Prove tecniche di nuova normalità.

Il caso Verona Pronto il Piano per la mobilità d’emergenza: ciclabili, aree pedonali e ingressi scaglionat­i

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Distanze di sicurezza Un autobus padovano «allestito» per mantenere le distanze di sicurezza con l’autista
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