Messe, partite e negozi: «Qui è tutto vietato»
Benazzato (Anaao): «Ma mancano posti per i ricoveri»
Vo’, poco più di 3.300 anime ai piedi dei Colli Euganei, è l’epicentro veneto del contagio da Coronavirus. Subito sono piovuti i provvedimenti disposti da Padova: chiusi scuole e negozi. Un intero paese in quarantena, con tutti gli abitanti obbligati a sottoporsi al test di controllo.I timori dei medici a Schiavonia.
«L’abbiamo saputo un’ora fa ed abbiamo subito adottato le misure di emergenza: tutto il personale ha indossato le mascherine, usiamo l’igienizzante per le mani, teniamo i clienti a distanza di sicurezza e distribuiamo i volantini informativi». Erano quasi le 18, ieri, quando Luca Martini ha saputo di quanto accaduto ai due anziani compaesani. Ad avvisarlo è stato il padre Giuliano, farmacista nonché sindaco del paese, prima di chiudersi in riunione per decidere il da farsi. E Luca, dipendente della farmacia, ha immediatamente preso le precauzioni consigliategli: «Chi avrebbe mai immaginato che sarebbe successo qui...», confessa il giovane professionista, senza nascondere una certa preoccupazione. Invece proprio Vo’, poco più di 3.300 anime ai piedi dei Colli Euganei, è l’epicentro veneto del contagio da Coronavirus. Sulle prime qualcuno ci ha scherzato su («Abbiamo l’alcol che ci protegge», la battuta di un gruppo di giovani seduto nel bar di fronte al Comune, sorseggiando spritz), dopodiché sono piovuti i provvedimenti disposti da Padova: chiusi scuole e negozi, niente bus. Tutto si ferma. La gente resta in casa, a tarda sera le strade sono deserte. Un intero abitato in quarantena, con tutti i residenti obbligati a sottoporsi al test di controllo. «Beh, in questo caso è meglio essere primi che ultimi», dice Marco Calaon, presidente del Consorzio vini dei Colli Euganei, forzandosi a un atteggiamento di ottimismo: «Se ci sarà un protocollo, vuol dire che disporremo di tutte le migliori risorse del nostro sistema sanitario...». Gli chiediamo come stia vivendo, lui come il piccolo centro, questo travagliato momento: «C’è un aspetto personale nell’atteggiamento di ciascuno. C’è chi è più portato al pessimismo e chi meno. Quanto a me, mi aspettavo che il virus potesse arrivare il città grosse: Milano, Padova... Che arrivasse in un paese così piccolo, sui colli, con l’aria buona, ti dà la dimensione dell’incapacità di controllarlo. Ti arriva addosso questa cosa e non hai alcuna protezione. Si adotteranno tutti gli strumenti di controllo, ma la sensazione è quella: non c’è difesa».
All’Unione Pastorale, attorno alle 21.30, era ancora in attesa dell’ufficializzazione dei provvedimenti: «Abbiamo in programma molti eventi- afferma il parroco di Vo’, don Mario Gazzillo - ma se ci chiederanno di sospendere liturgie e manifestazioni, ovviamente, ci adegueremo». Il sacerdote, comunque, si dice
sereno: «Quei due anziani, che non conosco, sono stati in ospedale per due settimane. Quindi spero che il focolaio virale sia stato eliminato».
Il focolaio, appunto: da dov’è partita l’infezione? C’è chi pensa ad un locale cinese, il primo dei quali si trova in un paese vicino. Ed è frequentato anche da clientela orientale. «Sì, ci sono diversi cinesi da queste parti. Passano, giocano alle macchinette. Difficile capire chi abbia portato in virus», racconta il dipendente di un bar, fuori paese, gestito proprio da cinesi. Lui è italiano, e spiega: «Il marito della titolare è tornato dalla Cina un mese fa. Ma sta bene, come anche sua moglie». Preoccupato? «Eh beh oddio... Speriamo bene». Il negozio di ottica di Lucia Menaldo si affaccia sulla piazza del paese, proprio come la farmacia del sindaco Martini. «Mio figlio era andato al bar - racconta quando sono da poco passare le 19 - ed è tornato con questo racconto dei due anziani positivi. Ero preoccupata dopo aver sentito le notizie provenienti dalla Lombardia ma questo è un paesino, con meno scambi tra le persone, meno movimenti e pochi contatti con l’esterno. Che sia qui preoccupa». Dopo mezz’ora, un ulteriore timore si appoggia sul primo: «Siamo passati dalla farmacia e non ci sono mascherine. Esaurite anche le scorte...».
A Monselice, il sindaco Giorgia Bedin tenta di mantenere la calma. L’ospedale di Schiavonia sarà svuotato, il Pronto Soccorso ha interrotto le operazioni nel pomeriggio, ma lei è fiduciosa: «Attendo le disposizioni dell’unità di crisi regionale, dipendiamo da loro. Ma restiamo con i piedi per terra, non è il caso di diffondere allarmismo», spiega. Nel frattempo dalla struttura non trapelano le voci dei medici («un momento troppo delicato») ma la quarantena imposta, di fatto, a operatori e pazienti già ricoverati, per quanto senza precedenti è considerata «essenziale». «Servono misure di carattere emergenziale», esclama Adriano Benazzato, segretario di Anaao Assomed Veneto. «Il vero problema - aggiunge sono i posti in terapia intensiva: troppo pochi in Veneto, temo non saremmo in grado di affrontare un’epidemia. In pratica è un gran casino».
Joe Formaggio, sindaco della confinante Albettone e consigliere regionale per Fratelli d’Italia, ha portato «la solidarietà personale e della Regione al collega Martini». Intanto ha deciso per la chiusura delle scuole: «I nostri ragazzi vengono a Vo’ e i loro da noi. Domattina (oggi, ndr) deciderò se sospendere l’evento di moto d’epoca che ho in paese domenica». Scuole di ogni ordine e grado chiuse anche a Noventa Vicentina e Agugliaro. Servirà?