Il poliedrico Paolo Poli Memorie «en travesti» dell’artista e regista
Copioni, scatti, recensioni, appunti e diecimila spartiti
Istrionico, brillante, arguto e corrosivo, surreale e divertente, geniale e a volte scontroso, mai banale, ha rappresentato il senso della libertà e dello spirito puro del teatro. «La sola legge che non ho infranto è quella di gravità»: era questo l’uomo e il personaggio Paolo Poli (1929-2016), un animale da palcoscenico di razza. Ineguagliabile quella sua comicità sovversiva ma elegante, fatta di doppi sensi, travestitismi e canzoncine maliziose.
Ieri l’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, diretto da Maria Ida Biggi, ha presentato l’acquisizione dell’archivio personale dell’artista alla presenza della sorella, l’attrice Lucia Poli, e del nipote, il compositore Andrea Farri, con le testimonianze di Ottavia Piccolo, Pino Strabioli e Rodolfo di Giammarco.
«Paolo - ha detto un’emozionata Lucia
Poli - era legatissimo a Venezia, perché è una città paese dove ci si in- contra per strada e si parla». La donazione documenta l’intera carriera dell’attore, cantante, regista e autore nato a Firenze. Laureato in Letteratura francese, Poli ha iniziato a lavorare in teatro negli anni Cinquanta e per tutta la sua vita ha calcato le scene, fino all’ultima performance, nella sua città, per l’inaugurazione del Teatro Niccolini, riaperto dopo vent’anni. Ha incrociato il cinema più volte (con Zeffirelli, Tessari, Amelio, tra gli altri) ma rifiutò una parte in 8½ propostagli dall’amico Federico Fellini.
L’Archivio Paolo Poli si compone di copioni, fotografie, recensioni a firma di alcune tra le più grandi penne del giornalismo italiano e appunti preparatori per la messa in scena dei suoi spettacoli. A completare il fondo, circa diecimila spartiti musicali di canzonette popolari (alcuni dei quali molto rari) collezionati dallo stesso Paolo Poli nell’arco della sua carriera.
Tra foto di scena, «dietro le quinte» e ritratti, la collezione fotografica permette di ricostruire i principali titoli del ricco repertorio poliano, da quella Rita da Cascia dalla lettura così irriverente della storia della santa - tanto da dar vita a una lunga polemica che culminò con la richiesta da parte di Oscar Luigi Scalfaro di un’interrogazione parlamentare - a Magnificat, da Aldino mi cali un filino a I viaggi di Gulliver.
«Questa donazione – ha marcato Biggi - è molto importante perché Paolo Poli è stato un personaggio unico nel panorama italiano del secondo dopoguerra». Ma quello che soprattutto restituisce il fondo è la speciale persona, come attestato dal racconto di Ottavia
Piccolo.
«Nel 1966 ho avuto la fortuna di fare con lui Turandot di Carlo Gozzi con la regia di Beppe Menegatti, Uno spettacolo non memorabile, ma non era una sua produzione - ha ricordato ieri l’attrice - Infatti l’inverno precedente erano bruciate le sue scene al Teatro delle Arti di Roma e lui, dopo tanti anni, si fece scritturare in una compagnia. Ricordo un’estate a ridere, ridere e ridere. Lo spettacolo era dimenticabile, ma quell’estate è stata veramente indimenticabile».