E Peggy Guggenheim sbarcò alla conquista della Laguna
«L’ultima Dogaressa», le opere del trentennio veneziano della collezionista. Da domani fino al 27 gennaio a Palazzo Venier dei Leoni
Settant’anni fa la Biennale di Venezia invitava Peggy Guggenheim a esporre la sua collezione d’arte, che lei aveva raccolto nelle sue gallerie, prima a Londra, poi a New York. In Laguna l’aspettava un incontro non semplice. La Biennale le concedeva il Padiglione della Grecia ai Giardini e un architetto come Carlo Scarpa. Ma per il mondo culturale italiano, uscito dalla guerra, quello spettacolo di cubismo, astrazione e surrealismo, oltre che espressionismo astratto, dev’essere sembrato piuttosto incomprensibile. Arshile Gorky, Robert Motherwell, Mark Rothko, Jackson Pollock, solo per citarne alcuni. E Peggy? Nelle sue memorie raccontò come il direttore Rodolfo Pallucchini avesse «nessuna familiarità con l’arte moderna» e alla fine le fece anche togliere «un disegno molto sensuale di Matta». Non solo: Giulio Carlo Argan per il catalogo «scrisse un pezzo disordinato e confusionario».
Eppure, tutto questo non la scoraggiò: un anno dopo prese casa in quel Palazzo Venier De’ Leoni tutt’ora sede della Collezione che porta il suo nome. E qui ci restò 30 anni, fino alla sua scomparsa nel 1979. Date troppo importanti per non essere celebrate: «Peggy Guggenheim. L’ultima dogaressa», visitabile fino al 27 gennaio, racconta proprio l’intenso trentennio veneziano. Karole Vail e Gražina Subelyte ricostruiscono quegli anni formidabili: ci mostrano le opere presentate nella Biennale post-guerra e le sculture esposte nel 1949 (da Jean Arp a Constantin Brancusi, Alexander Calder e Alberto Giacometti), riaccendono i fari su Pollock, lo stupore di Peggy per gli artisti italiani (Giuseppe Santomaso, Emilio Vedova, Tancredi Parmeggiani), la scena britannica degli anni ‘50 e quella optical e cinetica dei ‘60.
Le due curatrici rispolverano opere quasi sconosciute (come le pitture oniriche di René Brô), così come Irene Rice Pereira e Grace Hartigan «due artiste di cui Peggy riconobbe l’enorme talento – spiega Karole Vail, che della Collezione è direttrice – nonostante l’ostracismo di un mondo culturale e artistico tutto maschile». Sorprendente la Scatola in una valigia di Marcel Duchamp: per la prima volta, dopo un restauro accurato, si può osservare questo geniale museo-portatile del 1941, con le riproduzioni di 69 sue opere in miniatura. Ora si può dire quanto avesse torto Camilla Cederna, quando scrisse, in quelle prime sorprendenti apparizioni di Peggy in laguna che «Venezia sopravvivrà alla signora Guggenheim».