VITTIME E CONTESTI DIVERSI
Due morti diversissime: per età, ma soprattutto per contesto di vita. Eppure paradigmatiche del Veneto di oggi e delle sue contraddizioni. La prima morte è quella di un imprenditore trovato esanime nella sua fabbrica metalmeccanica nel Padovano. Aveva 83 anni e considerava l’azienda in termini veramente generativi, tanto da trovarci la morte all’alba. In cui era già sul posto, di prassi. Nonostante i suoi numerosi anni. È una immagine perfetta del Veneto dal capitalismo industriale ma soprattutto industrioso, piccolo ma al tempo stesso grande, familiare ma anche tecnologico. Uomini così hanno fatto l’impresa, in tutti i sensi. Creando reddito ed occupazione; creando soddisfazione per sé e per la famiglia; vivendo fino all’ultimo in simbiosi con la propria creazione, e quindi in modo giovanile. Perché il giovanilismo dei nuovi anziani non è solo un fatto di abbigliamento casual o di stili di vita sportivi, ma è soprattutto il sapersi autorealizzare fino alla fine. «L’anzianità è una vocazione. Non è ancora il momento di tirare i remi in barca», ha detto Papa Francesco: affermazione presa alla lettera, quasi che un imprenditore rimanga tale per sempre, negando e rendendo assurda la figura dell’ex-imprenditore.
La seconda morte è del tutto diversa. Anzi, è agli antipodi. Si tratta di un cinquantenne stroncato da un malore nel suo camper (la sua casa in realtà) nel Trevigiano dove viveva una realtà di sofferente marginalità e solitudine.
Certo, godeva del reddito di cittadinanza, ma non aveva la vera cittadinanza, quella che si fa comunità, vicinanza, assistenza, dignità. Quella che, in teoria, è disegnata dalla Costituzione e realizzata bene o male dallo Stato sociale. Che questa volta è stato evidentemente poco sociale. La morte dell’imprenditore sottolinea quasi una pienezza concreta della cittadinanza, dell’appartenenza e di tutti i suoi correlati positivi. La seconda invece ne evidenzia dolorosamente l’assenza o l’insufficienza, nonostante il reddito di cittadinanza. Anche perché un reddito (basso) di cittadinanza non basta a fare veramente la cittadinanza. Perché, a ben vedere, cittadinanza non è solo un fascio di diritti o di garanzie, ma è soprattutto inclusione piena, senza se e senza ma. Cosa che è stata giustamente abbondante nel primo caso mentre è stata ingiustamente scarsa nel secondo. Due traiettorie di vita che però sono entrambe lo specchio di un Veneto che luccica naturalmente del successo di tanti self made man che hanno fatto con successo l’impresa ma che non deve dimenticare le «vite di scarto» – come le chiama Bauman – che hanno fallito nel fare della stessa propria vita una impresa esistenziale. Perché il successo di una società socievole non si vede solo dai tanti successi personali, ma anche dall’assenza di queste «vite di scarto».