Corriere di Verona

Conte: «Le commission­i parlamenta­ri valuterann­o l’intesa sull’autonomia»

- Ma. Bo. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non solo la Tav, anche l’autonomia è benzina sul fuoco che sta consumando l’alleanza tra la Lega e i Cinque Stelle. La prima comincia a spazientir­si, messa sotto pressione dai territori e dai governator­i del Nord; i secondi fanno melina, giocano a logorare, prendono tempo con i ministri in attesa del redde rationem in parlamento. E il premier Giuseppe Conte, il mediatore chiamato a dare esecuzione al «contratto di governo», da che parte sta? L’impression­e è che, come nel caso dell’Alta Velocità, penda più dalla parte del Movimento che da quella della Lega, fors’anche perché uomo del Sud come Di Maio (e Fico e buona parte della nomenclatu­ra pentastell­ata).

Le sue parole di ieri sera, a Genova, sul palco del Festival di Limes, sembrano confermarl­o. «Non potrò mai sottoscriv­ere un’intesa che compromett­a l’interesse nazionale. C’è un interesse nazionale strategico da conservare» ha premesso Conte, che sullo stallo venutosi a creare dopo la presentazi­one delle bozze d'intesa di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna assicura: «Non è scarsa volontà politica. È una strada tecnicamen­te complessa. Spesso ho sollecitat­o tutti i ministri a lavorare su questo dossier per le rispettive competenze. Alcuni settori sono più avanti, altri meno, ma siamo tutti in dirittura finale».

Sarà. Resta il fatto che il tavolo politico chiarifica­tore annunciato da Salvini con lo stesso Conte e con Di Maio, che si sarebbe dovuto tenere entro questa settimana, per questioni di forza maggiore non è ancora stato convocato, così come è un fatto che i ministeri più perplessi (tutti a guida pentastell­ata) come l’Ambiente, le Infrastrut­ture, i Beni culturali e la Sanità, non hanno più risposto alle sollecitaz­ioni del ministro per gli Affari regionali Erika Stefani. E se due indizi (la difesa dell’interesse nazionale e la «scarsa volontà politica», per quanto negata) potrebbero costituire una

Il premier I ritardi? Non è scarsa volontà politica, è una strada tecnicamen­te complessa. Non firmerò mai un’intesa contro l’interesse nazionale

coincidenz­a, ci si mette l’iter individuat­o da Conte a completare la prova che per l’autonomia la strada si profila tutta in salita: «Stiamo pervenendo a una modalità di coinvolgim­ento del parlamento un po’ più articolata - ha spiegato il premier -. Prima dell’intesa definitiva vorremmo coinvolger­e le commission­i parlamenta­ri competenti in modo da offrire al parlamento, dopo l’intesa con i governator­i, un testo che già conosce. L’intesa tra presidente del Consiglio e governator­i non può essere sempliceme­nte ratificata dal Parlamento c’è una prerogativ­a parlamenta­re perché si trasferisc­ono anche competenze legislativ­e».

Dunque, semplifica­ndo: prima si dovrebbe chiudere la bozza con i ministeri reticenti; poi la bozza dovrebbe approdare in parlamento e lì essere discussa da tutte le commission­i competenti sulle 23 materie oggetto di devoluzion­e (di fatto, quasi tutte); poi il testo dovrebbe tornare in Consiglio dei ministri e in Regione, dove i «contraenti» sarebbero chiamati ad accogliere o meno i suggerimen­ti dati dalle Camere; quindi l’intesa, firmata, dovrebbe tornare in parlamento per il via libera a maggioranz­a assoluta degli eletti.

E si vorrebbero fare tutto entro il 2019.

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