De Michelis, quella passione tipica degli imprenditori del Nordest
Si è molto parlato in questi tristi giorni del commiato del Cesare De Michelis intellettuale, scopritore di talenti letterari, acuto commentatore delle vicende politiche ma forse non abbastanza del De Michelis imprenditore. Vorrei dare un contributo su questo versante ricordando un suo intervento alla Facoltà di Economia di Padova, quando lo invitai a parlare ai miei studenti del corso di Strategia d’impresa. Dapprima cercò di sottrarsi motivando di essere un professore di Letteratura italiana e di non sentirsi adeguato a parlare di Economia. Ma la resistenza fu rapidamente superata dalla curiosità verso la sfida di cimentarsi in un’aula universitaria nel suo ruolo di imprenditore. Eravamo negli anni del cambio di secolo. La Facoltà di Economia era nata da poco in un «garage», come chiamavamo noi le officine ex Fiat di via Tommaseo che la ospitavano. Il mio corso di Strategia era allora finalizzato a trasferire agli studenti non tanto le tecnicalità della pianificazione strategica quanto lo spirito d’impresa. Per questo le testimonianze di imprenditori in carne e ossa erano componente fondamentale del programma.
Il caso di Marsilio Editori risultava interessante per le specificità di un settore del tutto diverso dalle specializzazioni del Nordest. Settore che comunque conoscevo, avendolo studiato nella mia tesi di laurea a Ca’ Foscari una trentina d’anni prima. In quell’occasione avevo intervistato i «grandi», da Mondadori a Garzanti, ma anche i piccoli come la neonata Marsilio che aveva sede a Padova in una specie di scantinato in zona Istituti universitari. Non incontrai De Michelis ma un suo eclettico collaboratore, Stelio Caravella. Il quale smontò il mio tentativo di studiare questa realtà con un approccio economico spiegandomi per esempio in tema di pricing una delle tante regole spannometriche in vigore nel settore: prendi il costo industriale di una copia, lo moltiplichi per 5 e hai il prezzo di copertina. Con buona pace delle curve di domanda e offerta. Con Gian Giacomo Feltrinelli, che non era certo un piccolo, l’impatto era stato ancora più spiazzante.
Dopo quel primo contatto, la crescita manageriale della Marsilio mi aveva sempre affascinato sia per la sua linea editoriale nella narrativa come nella saggistica di qualità sia per la capacità di mantenere pure tra alti e bassi un equilibrio economico in un settore molto difficile. Dove riusciva a scoprire, occupare o allargare nicchie di mercato con ritorni d’immagine e fatturato senza rinunciare a fare cultura. De Michelis conquistò i miei studenti. Per l’amore verso il prodotto e la capacità di trasferire la sua passione a tutta la sua squadra coinvolgendo distributori e clienti, il che lo rendeva molto simile, senza averne forse consapevolezza, al tipico imprenditore veneto. Che, com’è noto, si tratti di scarpe o macchine utensili, è in totale comunione con ciò che produce. E poi li conquistò per la familiarità con cui maneggiava concetti-base dell’economia aziendale applicandoli al momento della sua casa editrice.
Erano in corso, o da poco conclusi, i contatti con Rcs per il loro ingresso nel capitale Marsilio. De Michelis spiegò in modo magistrale i fattori che devono spingere l’imprenditore alla crescita: le economie di scala, l’accesso alla distribuzione, la visibilità, l’attrattività per risorse umane pregiate tra cui un ruolo particolare è giocato dagli autori. Ma spiegò anche che i percorsi per la crescita possono non essere lineari e passare per alleanze, cessioni, acquisizioni, ibridazioni nelle quali l’imprenditore deve essere in grado di far leva sulle risorse tecniche e finanziarie che è in grado di mobilitare ma nello stesso tempo preservare il suo ruolo e le sue competenze distintive. Che è poi quello che ha fatto fino all’ultimo con coerenza anche nelle più recenti vicende della Marsilio prima con il riscatto da Mondadori e poi con il traghetto verso la Feltrinelli.