Traforo «light» Sboarina preme ma resta il nodo dell’A22
L’ipotesi progettuale VERONA c’è e suona così: una strada urbana con galleria, due corsie (una in un senso, una nell’altro), pensata per il traffico leggero (niente passaggio pesante, se non mezzi tra 35 e 75 quintali, autocarri ma non autoarticolati), circa 4 km di scavo da est della città all’altezza della frazione Sasso Ca’ Gerosa a ovest della città all’altezza di via Monte Ortigara, per poi unirsi alle strade urbane già esistenti a nord di via Mameli e creare la famosa cerniera di collegamento. Un’ipotesi di traforo che incontra scetticismi tipo quello di Michele Bertucco, capogruppo di Sinistra in Comune: «La battaglia del traffico si vince spostando il traffico privato verso il trasporto pubblico». Un’ipotesi a basso costo, circa 100 milioni, che guarda da un lato, sì, ai 53 milioni garantiti dall’A4 Serenissima ma dall’altro anche al nodo della concessione ministeriale ad Autobrennero: finché la concessione non sarà rinnovata (partita tuttora aperta) è difficile che i fondi con cui A22 si dichiara disponibile a contribuire si sblocchino davvero. E finché i fondi non si sbloccano, cioè finché non si arriva alla certezza del sostegno finanziario, non possono partire nemmeno i primi studi su traffico e fattibilità di quell’ipotesi lì: il traforo nord di Verona che collegherebbe la parte est con la parte ovest della città, a pedaggio zero in caso di copertura totale dei costi grazie ai contributi o altrimenti a pedaggio comunque minimo (questa è l’intenzione).
Sull’idea il sindaco Federico Sboarina è tornato due giorni fa, a Ferragosto. «A fronte dei 53 milioni che Serenissima ha confermato, c’è disponibilità anche di A22 a un contributo per chiudere l’anello a nord della città», così il primo cittadino. Il vicesindaco e assessore a Lavori pubblici e infrastrutture, Luca Zanotto, spiega: «La vecchia idea di traforo era simile a una tangenziale. Qui è una strada urbana con galleria, concepita per un traffico veicolare leggero e che potrebbe diventare un’alternativa viabilistica a via Mameli, specie quando via Mameli diventerà per il 50 per cento a trasporto pubblico locale grazie al filobus. Vogliamo che non si superino i 100 milioni di costo, sì, anche perché così non si dovranno creare quelle opere d’appendice che anziché sostenerlo hanno finito per affossare il progetto del vecchio traforo».
Impatto inferiore, dunque, rispetto al vecchio progetto dell’amministrazione di Flavio Tosi, quanto a esborso e impatto veicolare. Il che, però, non convince i critici. Come il già citato Bertucco: «Che a Verona ci sia un problema di mobilità è evidente, che possa essere risolto con le ricette del passato meno. In tutte le città europee la battaglia del traffico si è vinta spostando il traffico privato verso il trasporto pubblico. In questo modo – dice Bertucco – non solo si sono rese meno caotiche le città, ma si è migliorata la vivibilità dei quartieri riducendo i livelli di inquinamento. Verona, poi, è una città che manca di qualsiasi pianificazione della mobilità». Un’ipotesi di progetto, però, circa il traforo nord, c’è. E il sostegno finanziario di A22, legato al nodo-concessione, è uno dei punti che se sciolti a settembre porterebbero, entro l’anno, al via dei primi studi su traffico e fattibilità.
L’assessore Zanotto Vogliamo una strada urbana con galleria a doppia corsia, concepita solo per il traffico leggero. Il tunnel di Tosi era un’altra cosa, una tangenziale