Ora tutti vogliono la testa di Borrelli «Ci ha fatto fare una figuraccia»
Raccontano che Nigel Farage, istrionico leader dell’Ukip britannico e del gruppo euroscettico Efdd, abbia chiesto a Beppe Grillo la sua testa su un vassoio: «Bentornati, ma le persone che si sono comportate male devono pagare». Non è il solo, in queste ore, ad avercela col trevigiano David Borrelli, primo storico consigliere del Movimento Cinque Stelle in un Comune capoluogo nel 2005 (quando ancora la lista si chiamava «Grilli Treviso»), candidato governatore contro Luca Zaia nel 2010 (prese il 3%) e oggi eurodeputato strategicamente accomodatosi nella commissione per il commercio internazionale e in quella per l’industria e l’energia, oltre che copresidente dell’Efdd al fianco di Farage. Nelle chat interne al Movimento, infatti, sono in molti a chiedere le sue dimissioni dall’europarlamento: «Ci ha fatto fare una figuraccia paragonabile soltanto ai disastri della Raggi».
Per tutta la giornata di ieri Borrelli, che nell’ultimo mese si era speso in gran segreto per chiudere l’accordo con i liberali dell’Alde capitanati da Guy Verhofstadt e ancora lunedì rifiutava interviste spiegando di voler parlare «solo a bocce ferme» (saggia decisione visto com’è andata a finire), è stato irraggiungibile, chiuso in riunioni fiume con i colleghi, Grillo e Davide Casaleggio. La botta da assorbire, d’altronde, non è lieve. L’abbandono dell’Efdd giustificato con la Brexit che avrebbe «distratto» Farage e l’Ukip, la votazione lampo sul blog di Grillo per il passaggio nell’Alde, il gruppo più europeista, pro Euro, pro austerity, pro Ttip (il trattato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti), anti Trump e Putin che sieda a Bruxelles, la porta sbattuta in faccia da Verhofstadt e il ritorno a Canossa da Farage che adesso impone condizioni capestro per il rientro, hanno mandato in tilt la galassia a Cinque Stelle e dato l’opportunità, a chi da tempo vorrebbe defenestrarlo, di infilare Borrelli nel mirino, anche sui social network.
Un’antipatia che ha radici diverse e talvolta profonde. C’è la gelosia, nata dal fatto che Borrelli è da sempre vicinissimo a Grillo e Casaleggio (senior prima, junior ora); c’è un carattere definito spigoloso, perentorio, impositivo, poco incline all’ascolto; c’è il ruolo, di gran tessitore in Europa (fu lui l’artefice anche dell’accordo con Farage nel 2014) e di normalizzatore in Veneto (dopo le liti scoppiate in seno al gruppo in Regione). Insomma, nel Movimento più di qualcuno non vede l’ora di fargli fare le valigie e le malignità si sprecano, come quella che lo vuole al lavoro da tempo, sottotraccia, «con la sponda di Monti», per ricavarsi un ruolo da grand commis in Europa visto che «è un eletto terminale» (nella classificazione pentastellata si indica così un eletto che ha già svolto due mandati, nel suo caso Comune ed europarlamento, e non può più ricandidarsi). C’è chi ricorda che il «suo» candidato sindaco a Treviso, Alessandro Gnocchi, ha lasciato il Movimento tre mesi dopo l’elezione e che lui impose le dimissioni da capogruppo in Regione a Simone Scarabel per un incidente mediaticamente assai più banale, la multa contestata di un autovelox.
Salterà? I più lo escludono. Gode dello «scudo atomico» di Grillo e Casaleggio, è tra i fondatori del Movimento, è stato l’animatore di iniziative importanti come Confapri (è grazie a lui che l’imprenditore Massimo Colomban è approdato in Campidoglio) ma soprattutto con lo stesso Casaleggio e Max Bugani è il dominus di «Rousseau», il sistema operativo che è il cuore del Movimento Cinque Stelle, il luogo in cui si vota, si propongono le leggi, si prendono le decisioni che contano: «Questo gli dà potere di vita e di morte su tutti noi» chiosa uno degli eletti. Anche se è un fatto che ieri a guidare le trattative con lo Ukip ci fosse invece il padovano Filippo Pittarello, capo del personale grillino a Bruxelles e astro in ascesa. Più facile quindi che, dopo aver perso la copresidenza dell’Efdd, Borrelli si ritiri per un po’ lontano dai riflettori, cosa che chi lo conosce assicura non gli peserà più di tanto. E poi, davvero si può pensare di farne il capro espiatorio di questo pasticciaccio, lasciando intendere che abbia portato avanti una trattativa a livelli simili all’insaputa di Grillo e Casaleggio? «Attaccare lui, in questa fase, è come attaccare loro» dice un eletto. Meglio lasciar stare.