L’ULTIMA STUPIDA MODA
Slacklining: l’ultimo grido della modasnob scoppiata in questo strano inverno senza neve (naturale) porta quello strano nome inglese e tale non potrà che restare essendo impossibile trovargliene uno nella nostra lingua. Ai primi cenni giornalistici è sembrata una stravaganza, ma poi il caso è scoppiato al punto da rendere necessario l’intervento ufficiale dell’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, per sottolinearne l’estrema pericolosità. Tra due alte cime delle Dolomiti con strapiombo sulla sottostante vallata di migliaia di metri, viene stesa una fettuccia elastica: lo «sport» sta nel percorrerla stando in equilibrio. Chi ci riesce va dritto sul suo facebook; chi scivola e cade guadagna - da morto- una tragica celebrità. Follia allo stato puro. Ma non è una novità; notizie di follie pubblicitarie, di «giochi» al rischio estremo, sono ricorrenti e spetta agli psicologi spiegarne genesi e terapie. Una moda analoga allo è scoppiata una ventina d’anni fa: lo sci fuori pista (quando in montagna c’era ancora la neve) e cominciarono a verificarsi i primi incidenti. La neve fresca smossa dallo sciatore a monte generava frane e slavine che travolgevano chi a valle passeggiava tranquillo su sentieri segnati. L’Associazione dei Maestri di Sci del Premiero organizzò al Sass Maor di San Martino di Castrozza un convengo di studio sul tema dei rischi del nuovo sport, cui fui invitato come giurista.
Ebbi la ventura di vedermi assegnata una delle prime relazioni, in cui manifestai la netta contrarietà al nuovo sport per la rischiosità della sua pratica, sconsiderata appunto perché «fuori pista»; rischiosità non tanto (o non solo) per chi lo pratica, ma ben più per chi, passeggiando su sentieri pre-segnati, rischia d’essere travolto da slavine assolutamente imprevedibili. Apriti cielo, poco meno d’aver bestemmiato. Un flop quella conferenza, in nome del fondamentale principio di libera montagna: basta vincoli e tagliole a chi esercita il sacrosanto diritto di divertirsi come meglio crede. Come conseguenza di quel convegno s’ebbe un’attenta segnaletica premonitrice, ma fa dolore quando si legge di condanne per lesioni gravi subite da ignari «camminatori semplici» travolti da slavine provocate dal «fuori pista». Possibile che questi eroi del rischio riescano a non accorgersi degli altri; capire che il gusto del loro rischio non può valere di più della vita altrui. Forse un divieto di legge potrebbe essere un «fuori scala» perché potrebbe ben darsi che il buon senso vincesse la sua partita per la vita del «giocatore». Ma se una leggina - di tante che se ne fannogiungesse prima che la sconsiderata fettuccina tesa da una cima all’altra, faccia cadere l’elicottero del Soccorso Alpino, sarebbe un pur tristo servizio sociale.