Corriere di Verona

Abbiamo bisogno di classi dirigenti diverse dai cialtroni del Nordest da bere

- di Maria Cristina Piovesana* * Presidente Unindustri­a Treviso

Vent’anni fa, in un’affollata sala convegni di Conegliano, andava in scena un vivace confronto tra gli imprendito­ri e Michele Santoro. Tema: la reale identità dei veneti rispetto alle frequenti descrizion­i caricatura­li. Alla fine Santoro concluse: «Non dovete lamentarvi di come vi raccontano, semmai dovete imparare voi stessi a raccontarv­i». Sono trascorsi venti anni e nulla pare essere cambiato tranne che oggi, forse, raccontere­mmo una storia diversa.

Negli anni Novanta nasceva l’immagine del Nordest: originale, intraprend­ente, tenace, alle prese con una trasformaz­ione nata dal basso e condotta dal popolo degli imprendito­ri (pmi e partite Iva). Lo stupore e l’invidia per questa straordina­ria performanc­e economica e sociale spingeva spesso il resto del Paese a minimizzar­ne la portata, a giustifica­rlo con i pregiudizi di un’eccessiva disinvoltu­ra fiscale o di una vocazione a non rispettare le regole.

Intanto noi veneti «incompresi» andavamo avanti per la nostra strada piena di novità: i maglioni di Ponzano, la piena occupazion­e, le prove tecniche di Ulivo a Belluno, il successo di una Lega – culturalme­nte diversa da quella lombarda – che riavvicina­va molti cittadini alla passione politica. E, ancora, l’attenzione verso il federalism­o e il disagio nei confronti dei vertici romani in ogni ambito: dalle segreterie dei partiti a Confindust­ria, dal governo a vertici sindacali.

Cosa resta di quella società vitale e generosa, di una politica che immaginava un Veneto/Nordest autonomo e capace di indicare a un Paese in perenne crisi di identità una via liberale e solidale fondata sul merito e sulla responsabi­lità?

Cosa resta della mitica «finanza veneta» che immaginava la convergenz­a di due o tre poli bancari allora nascenti? Cosa resta di quella Confindust­ria che non solo realizzava in ogni provincia la fusione con Associazio­ne della piccola industria, ma poneva mano al portafogli e si alleava per dare vita alla Fondazione Nord Est e alla prima piattaform­a digitale condivisa?

Cosa resta di una generazion­e di nuovi politici che avrebbero dovuto contribuir­e a cambiare l’Italia?

Ebbene, nella migliore delle ipotesi resta ben poco e, nella peggiore, lascia cumuli di macerie.

Se venti anni fa non avevamo le «parole» per dirlo, oggi il pudore e la vergogna impediscon­o a molti di noi di parlare. E invece dobbiamo riconoscer­e gli errori fatti, la debolezza del nostro ceto dirigente – che è anche la nostra – e da questa consapevol­ezza ripartire. I fondamenta­li restano solidi. Il patrimonio industrial­e vive una situazione solo in apparenza paradossal­e è, allo stesso tempo, indebolito e rafforzato dalla crisi. Dobbiamo salvaguard­are quel solidarism­o che permea i nostri paesi e le nostre comunità. Dobbiamo credere nella cosa pubblica ricostruen­do un nuovo ceto dirigente con il contributo di persone di ogni età, ceto e partito profondame­nte diversi dai cialtroni che – complice anche la nostra colpevole distrazion­e – ci hanno raccontato di finanza veneta, di autonomia veneta, di un Nordest da bere e di grandi opere da portare come esempio di buon governo e di buona gestione del denaro pubblico.

Allo stesso tempo dobbiamo guardarci da quell’ondata di comprensib­ile ma inaccettab­ile paura collettiva che porta a vagheggiar­e muri, vendette sociali, annullamen­to della politica in favore di plebisciti catastrofi­ci come quello inglese.

Certo, abbiamo perso l’innocenza, ma questo deve renderci più maturi e consapevol­i che chi si assume responsabi­lità di qualsiasi tipo deve essere sempre sottoposto a controllo, critica e verifica. Mai più deleghe in bianco nelle banche, nella politica, nelle fondazioni, negli affari. Ripartiamo dalla società civile, dai nostri valori e dalle nostre capacità, dalle nostre imprese. Dobbiamo Cambiare, dobbiamo Credere e dobbiamo Fare: il resto verrà da sé.

 ??  ?? Presidente Maria Cristina Piovesana, 50 anni, dal 2014 presiede Unindustri­a Treviso. Guida anche il cda di Alf Uno, società leader del ramo dell’arredo
Presidente Maria Cristina Piovesana, 50 anni, dal 2014 presiede Unindustri­a Treviso. Guida anche il cda di Alf Uno, società leader del ramo dell’arredo

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