«La tecnica conta poco se manca la creatività»
A Bologna masterclass di Verheyen, chitarrista dei Supertramp
Carl Verheyen terrà il 9 maggio una masterclass di chitarra presso il Creative Hub Bologna (ore 17, euro 20, prenotazione su Eventbrite), un incontro speciale per imparare tecniche ed apprendere consigli pratici dal chitarrista dei Supertramp.
Le è mai capitato di odiare la chitarra e voler suonare un altro strumento?
«Per me è stato il contrario! I miei genitori a volte mi dicevano: “Smetti di suonare e vai fuori a giocare a basket”. Da bambino ero completamente infatuato dalla musica e dalla chitarra».
Per lei che cos’è la chitarra?
«È tante cose, da uno strumento per esprimermi artisticamente al modo in cui mantengo la mia famiglia».
È entrato a far parte dei Supertramp nel 1985, ricorda quel giorno?
«Lo ricordo molto chiaramente! Avevo fatto una sessione di registrazione in uno studio con un ingegnere inglese. Ci siamo scambiati i numeri di telefono e quella sera mi ha raccomandato al management dei Supertramp. Mi chiamarono per un’audizione la mattina seguente ma dovetti scusarmi perché non conoscevo nessuno dei loro brani. Rick Davies disse: “Non vogliamo suonare nessuno dei nostri maledetti brani, suoniamo il blues”. Immagino che a loro piacesse il mio modo di suonare e cantare, così quella sera ero nella band».
Che esperienza è stata con i Supertramp?
«Sono passato dal suonare in piccoli jazz club da 20 persone a stadi da 20.000 spettatori».
C’è un momento della sua carriera che le è rimasto nel cuore più di altri?
«Sono momenti che capitano di continuo. Pochi giorni fa abbiamo suonato a Stoccolma davanti a un pubblico meraviglioso e sto ancora sorridendo. Ma ricordo anche l’incontro con il Principe Carlo e Lady Diana nel backstage della Royal Albert Hall, o la luna piena che sorgeva tra le arcate dell’Arena romana di Nimes, durante il nostro concerto. Ricordo anche le jam con Brian May, Albert Lee, Sonny Landreth, Jerry Douglas, Larry Carlton, Robben Ford, Steve Morse ed Eric Johnson, tutti miei eroi».
Come si diventa uno dei chitarristi più famosi al mondo?
«Si deve suonare tutti i giorni non per “mantenere i pezzi”, ma per lavorare su nuovi modi ed aumentare il proprio vocabolario e la propria conoscenza musicale. È basilare studiare la musica, non solo far scorrere le mani su e giù per la tastiera».
Quanto valgono la tecnica, la brillantezza e la follia per un chitarrista?
«Credo che sia molto più importante attingere al bacino creativo. Pensate a un cilindro d’acqua che si alza a 10 metri d’altezza. I chitarristi con molta tecnica possono arrivare in cima e lasciarti a bocca aperta. Ma un chitarrista come BB King o Albert King, con un numero relativamente basso di strumenti, può attingere al fondo della piscina e dare lo stesso livello di espressione».