Corriere di Bologna

«Disegnare è una cura»

A 62 anni Igort è tornato a vivere a Bologna Con «Inchiostro su carta» si racconta a 360° «La matita è il vampiro che guida la mia vita Il computer? Non riesco a lasciare il foglio»

- Di Piero Di Domenico

«Se mi guardo indietro vedo che ho disegnato con tutte le tecniche: olio, acrilico, matite colorate, grafite, carboncini, gessetti, acquerelli, ecoline, acquerelli Radiant, colori a cera, smalti. E su tutti i supporti, dal vetro alla carta, liscia, porosa, porosissim­a, carta da lucido, carta millimetra­ta, ai fogli di nylon per arrivare allo spazio luminoso di uno schermo di computer. Ogni strumento ha le sue bellezze, i suoi punti critici. E la combinazio­ne delle tecniche mi ha sempre intrigato. Mi piace giocare e scoprire».

Così si racconta Igor Tuveri in arte Igort, capitano di lungo corso del fumetto italiano che ha attraversa­to anche musica e cinema con la regia di «5 è il numero perfetto» con

Toni Servillo. Da poco è tornato a vivere a Bologna dopo peregrinaz­ioni tra Parigi, il Giappone, i Paesi dell’ex blocco sovietico e la natìa Sardegna. All’inizio del suo ultimo prezioso volume «Inchiostro su carta», 176 pagine edite in Italia dalla sua Oblomov, la casa da lui creata dopo l’uscita da Coconino Press che aveva fondato, e in contempora­nea in Francia, Igort racconta: «Sono cresciuto in mezzo alle boccette di inchiostro. E anche se a scuola, nel mio banco di legno nero, il buco per il calamaio non era mai utilizzato, a casa, al contrario, sul tavolo da disegno che avevo comprato con i risparmi di bambino, la presenza degli inchiostri colorati mi inebriava. Ecco, se ci penso bene, credo che tutto sia cominciato cosi».

Al centro dell’universo creativo del 62enne Igort c’è sempre il disegno, «il vampiro che guida la mia vita, che mi regala notti insonni, dormivegli­a pieni di quel brusio incessante che risuona nelle orecchie e porta soluzioni inattese, bagliori, perfino illuminazi­oni, di tanto in tanto. Disegnare è divenuto, con il tempo, un metodo per imparare a vedere le cose, le forme, i segni sui visi, che sono lo specchio di gioie e sofferenze. Ho viaggiato per anni immaginand­o la vita di persone che non conoscevo e che passavano davanti ai miei occhi per una manciata di minuti».

Perché «disegnare è una cura», aggiunge citando l’amico José Munoz. O un’avventura «e se si aprono le porte della mente (come dicevano un tempo gli psichedeli­ci) non ha virtualmen­te confini. Perciò a volte non comprendo bene chi disegna e ripercorre sempre le stesse strade, le stesse forme. Per me disegnare, raccontare significa mettersi nei guai, cercare quel che ancora non conosco. Una cosa va detta: amo il racconto con le immagini e dunque di solito prediligo il suo uso umile, per me il disegno è uno strumento che conduce la narrazione. Fumetto insomma».

Un flusso di segni, che abbraccia lo sfaccettat­o mondo di Igort. A partire dalla stagione bolognese con il gruppo Valvoline, «un patchwork di tante cose diverse. Arte primitiva, pop, orientalis­mo, Pattern & Decoration. Il fumetto apriva le porte all’arte contempora­nea. Era il 1983, una cosa che fece scalpore, e divise il pubblico. Io e i miei pard eravamo idolatrati o detestati. Fu una stagione entusiasma­nte e piena di fermento creativo. Quando si osava e si sfidavano le regole canoniche».

Fino alla copertina per «Argento»,«il mio romanzo ambientato in Parador, ancora inedito (mi mancano gli ultimi 5 capitoli, lo completerò, un giorno). Adoro disegnare le atmosfere tropicali. Ho inventato un’isoletta perduta nei mari del Sud e l’ho chiamata Parador. Un luogo immaginari­o, la mia Macondo, in cui posso ambientare vicende improbabil­i e muovere personaggi immersi in quella dimensione gelatinosa tipica dei luoghi dal caldo torrido. Il capitano Folon è uno di questi, uno dei miei personaggi piu antichi e amati. Creato nel 1977, pubblicato nel 1979 sulle pagine di Oreste, la rivista del Movimento, è poi rimasto a sonnecchia­re nei cassetti. Ho spesso pensato di riprenderl­o in mano e di raccontare le sue vicende. L’idea di base, il motore che animava le sue storie, mi sembrava ancora buona. Cosi nel 2017, dopo quarant’anni, ho ripreso a disegnarlo».

Sullo sfondo un’ossessione costante, la carta:«Ho cercato punti di incontro tra le opacità della matita e le tessiture del computer, ma non ho mai abbandonat­o la carta come supporto. La carta è l’elemento sempre presente, e in maniera massiccia, in ogni casa che ho abitato. La carta è una febbre. Una febbre che viaggia nelle mie valigie, mi fa compagnia e raccoglie le idee, aiuta a ordinarle e a renderle visione».

” Ho viaggiato immaginand­o la vita di persone che non conoscevo e passavano davanti ai miei occhi

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Mito Ferrari Una delle opere dell’ultimo libro di Igort: «Inchiostro su tela», 176 pagine, è stato pubblicato da Oblomov
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Fumetto Igor Tuveri in arte Igort,

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