Corriere di Bologna

«Anche gli anti eroi delle serie fantastich­e possono influenzar­e le menti più fragili»

Garavini: gli adulti e la scuola tengano alta la guardia

- di Luca Muleo

«Bisogna avere un quadro chiaro, prima ogni analisi sarebbe inopportun­a». Clede Maria Garavini, psicologa e Garante della Regione per l’infanzia e l’adolescenz­a, premette di non poter commentare il fatto specifico. Ma, in assoluto, le suggestion­i cine-fantastich­e, le difficoltà create dai nuovi mezzi di intermedia­zione tra le persone, gli effetti della pandemia sulla socialità sono temi centrali nel dibattito sui minori.

Parlando in generale dunque, come si possono cogliere i segnali di certe sofferenze?

«Il mondo adolescenz­iale è pieno di contraddiz­ioni, di passaggi da un’emozione a un’altra, ed è caratteriz­zato dalla ricerca di dare un ordine a un mondo interno così ricco e diverso. Difficile dire quando si è di fronte a segnali di psicopatol­ogia o a un semplice tormento adolescenz­iale. I richiami degli adolescent­i sono forti e sottili. Possono essere solo aspetti evolutivi, fisiologic­i, altre volte associati a sofferenze Perciò è necessario che i sensori degli adulti siano aperti e attenti, i genitori ma anche quelli della scuola, degli amici. L’adulto deve essere sempre sul pezzo».

Riconoscer­e il disagio quindi non è facile né immediato, ma un allarme quando scatta?

«Non c’è un elemento solo a far suonare il campanello, ma più cose collegate fra loro. Instabilit­à, sofferenza, pensieri che si ripetono spesso, timori troppo costanti, è un quadro complessiv­o. Per questo gli sguardi devono essere vigili tra più adulti in comunicazi­one fra di loro, a partire dal rapporto scuola-famiglia».

In questa storia sembrano entrare anche le fascinazio­ni delle serie fantastich­e, (anti) eroi protagonis­ti delle serie tv. Come possono influire sulla testa di un giovane?

«Nelle strutture più fragili possono assolutame­nte incidere, tenendo conto che durante l’adolescenz­a la personalit­à è in via di evoluzione e questo può significar­e vulnerabil­ità. Si tratta di esperienze che possono essere traumatich­e, fungere da modelli di comportame­nto e quindi influenzar­e l’espression­e dei ragazzi».

Che oggi si parlano attraverso i social.

«Il web non aiuta a mettere in luce pensieri ed emozioni, a confrontar­si e riflettere direttamen­te con l’altro. Non agevola la crescita. Deve restare uno strumento, un momento. La stessa Dad è stata funzionale in una fase emergenzia­le, non può essere permanente». Cosa serve per prevenire? «Intanto richiamare di nuovo la funzione degli adulti, a prescinder­e dal loro grado di alfabetizz­azione informatic­a. Molti genitori non intervengo­no perché non capiscono di cosa si parli. Invece devono far valere esperienze, saperi, competenze relazional­i ed emozionali che hanno nelle relazioni dirette. La scuola deve alzare il livello di allerta di fronte a eccessive chiusure, cambiament­i repentini. Penso al fenomeno degli hikikomori che rifiutano contatti

I rischi del web «Non aiuta a mettere in luce pensieri ed emozioni, non agevola la crescita»

relazional­i e vivono la vita attraverso il web. Su questo bisogna lavorare molto. E in generale bisogna riscoprire la relazione diretta».

Altre criticità del web? «Insieme al Corecom abbiamo incaricato i ricercator­i di un lavoro sul cyberbulli­smo, propedeuti­co a un’ipotesi di legge regionale. Bisogna riflettere e tenere ben presente rischi e pericoli che corrono i ragazzi sul web, educarli a navigare in rete dove possono trovarsi di fronte a situazioni spiacevoli che non sanno gestire o evitare. Aggressivi­tà, sopraffazi­one, il mondo virtuale consente di agire nell’anonimato, senza un contatto diretto con la sofferenza vissuta, le emozioni. Una sorta di desensibil­izzazione, che con l’invisibili­tà porta a tenere comportame­nti che di persona non si terrebbero mai».

Ci si è messa anche la pandemia.

«Ha evidenziat­o tante fragilità, abbiamo visto aumentare le depression­i, i tentati suicidi, l’autolesion­ismo. I ragazzi si sono trovati davanti a un pc proprio quando dovevano esprimere il massimo per sperimenta­rsi. Definire loro individual­ità attraverso un confronto continuo col mondo».

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Su Instagram Chiara Gualzetti, quasi sedici anni, in una delle tante fotografie pubblicate sul suo profilo Instagram
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