Le case prima agli italiani Bufera sul leghista Fabbri
Ferrara, Fabbri assegna mezzo punto in più per anno di residenza: nessuno straniero fra i primi 157
Scontro Comune-Curia, a Ferrara, sulla graduatoria degli alloggi pubblici che vede solo famiglie italiane nelle prime 157 posizioni. L’Arcidiocesi teme esclusioni legate a «razza o nazionalità». Il sindaco Fabbri: «Pregiudizio politico su di noi». Battaglia legale dell’Asgi.
Prima gli italiani. E così è stato. La graduatoria da 647 posti per gli alloggi popolari di Ferrara, nell’era leghista del sindaco Alan Fabbri, conta nelle prime 157 posizioni solo famiglie italiane (per un centinaio di alloggi da assegnare). «Dopo aver introdotto il criterio della residenzialità storica abbiamo raggiunto un risultato rivoluzionario», ha detto il sindaco lunedì, impegnato da allora in un botta e risposta serrato con la Curia ferrarese. «La speranza è che nessuna famiglia, che ne aveva diritto, sia stata esclusa per ragioni di razza e nazionalità», ha scritto l’Arcidiocesi guidata da monsignor Perego, che Fabbri in tutta risposta ha accusato di «pregiudizio politico». E mentre la Lega chiede di esportare il modello Ferrara a Bologna, l’assessore alla Casa Virginia Gieri chiarisce che non ci sono norme anti-stranieri sotto le Torri: «Come per sanità e scuola, anche per la casa non facciamo distinzioni tra italiani e non».
Le 157 famiglie italiane («compresi nuclei stranieri che hanno acquisito la cittadinanza», sottolinea Fabbri) non hanno ancora un alloggio popolare garantito. Una cinquantina sarebbe stata ammessa con riserva in attesa dei documenti necessari, in più bisognerà incrociare domanda e offerta: tra i primi 157 assegnatari ci sono 90 persone che hanno più di 60 anni e 21 nuclei monogenitoriali, per cui potrebbero essere sovradimensionati alloggi tarati su famiglie numerose. Ma il risultato politico è evidente per la Lega: «Le graduatorie con i criteri del Pd erano composte per il 50% da stranieri, pur rappresentando solo il 10% della popolazione. Uno squilibrio — ha scritto Fabbri — che andava sistemato, ristabilendo quella che noi chiamiamo equità sociale».
Ma ciò che per la Lega è equità, per altri è l’opposto.
L’Asgi, Associazione degli studi giuridici sull’immigrazione, ha fatto sapere all’Ansa che intende impugnare la delibera del Comune di Ferrara che stabilisce il criterio della residenzialità storica per l’assegnazione delle case popolari. La Curia ferrarese ha affondato il colpo, paventando il rischio di esclusioni legate a razza e nazionalità: «Se fosse così, il nuovo bando non aiuta
” Il primo cittadino Gli stranieri sono il 10% a Ferrara ma in graduatoria erano il 50% Ora ristabilita l’equità
” Gieri (Bologna) Come per la scuola e la sanità da noi non si fa distinzione fra italiani e stranieri. nè ne faremo
a costruire la città di domani». Il sindaco leghista, ieri, ha risposto accusando l’arcivescovo di «grave pregiudizio politico nei confronti dell’amministrazione». «Dispiace e lascia davvero stupiti veder riesumato il concetto di razza nel 2021», ha aggiunto Fabbri, rivendicando la «trasversalità del principio di residenzialità storica, la stessa Regione Emilia-Romagna lo ha introdotto nel 2015 come condizione necessaria per presentare la domanda per l’alloggio popolare».
Sei anni fa Viale Aldo Moro cambiò i criteri per l’accesso agli alloggi Erp, aggiungendo tra le altre cose la residenza da almeno 3 anni. Una scelta comunque al ribasso rispetto a quella fatta da Regioni come Toscana, Veneto e Lombardia, dove l’asticella per accedere agli alloggi pubblici è stata portata a cinque anni. Ma la giunta Fabbri ha dato un ulteriore giro di vite alle linee guida regionali, introducendo un bonus di 0,5 punti per ogni anno di residenza in Italia e l’obbligo di presentare i documenti su eventuali proprietà nei Paesi di origine. Elementi su cui si è concentrata ieri la Curia ferrarese nell’ennesima replica a Fabbri. «La residenza storica, come principio dirimente, non può essere in grado da sola di tutelare il diritto ad avere una casa», scrive l’Arcidiocesi, ricordando la pronuncia di alcuni mesi fa della Consulta sul tema. Lo stesso, aggiunge la Curia, «vale per altre condizioni, come non avere un alloggio in patria (il bando intende forse una capanna...?), che oltre a essere impossibili da dimostrare sarebbero deleterie sia per tutelare i nostri emigranti all’estero, che per garantire il diritto di tornare nel proprio Paese». Il leghista Michele Facci chiede al Comune di Bologna di seguire Ferrara e «introdurre il principio della residenzialità storica per l’assegnazione delle case popolari a tutela dei bolognesi». Il tema approderà in Consiglio comunale con un ordine del giorno, ma la giunta alza già un muro. «Non abbiamo intenzione di agire sull’anzianità di residenza, piuttosto Ferrara investa di più come noi sulla ristrutturazione degli alloggi pubblici non utilizzati».