«Affari in picchiata» E l’asian fusion chiude per psicosi
«Chiuso per coronavirus». Lo ammette amaramente Davide Zang, titolare da sette anni del ristorante asian fusion Yoshiko di via Riva Reno, spiegando perché sulla porta del suo locale è apparso quell’annuncio nel quale si spiega che «a causa della paura generale del coronavirus si sono creati problemi nel sostenere i costi di gestione e siamo costretti a chiudere per un periodo da definire».
Proprietario anche di un’altra attività in città, Zang racconta di essere a Bologna da vent’anni: «Non mi sono sempre occupato di ristorazione ma di certo una cosa così non l’avevo mai vista». «Questa sera (ieri, ndr) aprirò e per il futuro si vedrà — prosegue—. Avevo intenzione di stare aperto questo fine settimana e poi valutare, ma è tutto inutile. Da quattro-cinque settimane il lavoro si è ridotto di molto, un tempo facevo tra i 50 e i 60 coperti al giorno, adesso arrivo con fatica a farne 20. Stare aperti in queste condizioni significa spendere soldi inutilmente». La psicosi, nonostante anche il sindaco Virginio Merola abbia lanciato messaggi di rassicurazione nei confronti della ristorazione cinese, sta lentamente logorando queste attività e le prime ripercussioni si vedono sui lavoratori alle dipendenze dei locali. «Con me lavorano tra le cinque e le sei persone — spiega Zang —. Nei giorni scorsi avevo già iniziato a ridurre le ore di lavoro, ma adesso ci fermiamo del tutto». Un quadro desolante secondo il commerciante, condiviso con tanti altri nella sua stessa situazione. «Anche nell’altro locale, che si trova poco
” Il titolare Prima dell’allarme facevamo 50-60 coperti al giorno, ora a stento 20 Così non andiamo avanti
fuori dal centro, sto avendo lo stesso tipo di difficoltà — sottolinea —. Parlando con gli amici e gli altri colleghi del settore le cose non cambiano, anche loro mi raccontano di affari in picchiata per il coronavirus. E non sarò l’unico a fare questa scelta».
Quello che preoccupa maggiormente il titolare di Yoshiko è il non intravedere una fine a questo allarme, anzi lo sbarco del virus in Italia fa temere che le cose vadano solo a peggiorare. «In questo momento l’unica cosa da fare è chiudere per limitare le perdite — ragiona Zang —. Rischi di spendere più per tasse e contributi da pagare. Sperando che le cose cambino presto, ma la vedo dura». L’unica, parziale, nota positiva in tutta questa vicenda, è stato l’aver scoperto l’affetto e la vicinanza dei clienti più affezionati. «Loro sono rimasti, e proprio per aiutarci sono venuti a mangiare — conclude —. Ma purtroppo in centro si lavora molto anche con chi è di passaggio e al momento i nostri ristoranti non attraggono. Chi ci vuole bene, purtroppo, adesso non basta».