Poesia e relax sotto le stelle di San Lorenzo
«La Notte di San Lorenzo» Poesie, letture, musica e proiezioni in ricordo della Strage di Ustica questa sera al parco della Zucca
Si accendono e spengono i lumini dell’installazione di Christian Boltanski per ricordare le vittime della strage del Dc-9 abbattuto nei cieli di Ustica nel 1980. Così ogni anno per San Lorenzo si fa memoria con la poesia, partendo da X agosto di Pascoli, con quel cielo che piange di stelle la morte del padre del poeta. Ogni anno la serata, che oggi inizierà alle 21.30 nel parco della Zucca di via Saliceto davanti al Museo per la memoria di Ustica, è affidata a un artista diverso, mentre le scelte poetiche sono sempre a cura di Niva Lorenzini, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Alma Mater. Firmerà lo spettacolo il direttore di Ert e regista Claudio Longhi, con un gruppo di fedeli attori, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Jacopo Trebbi, con il violino di Renata Lacko e le immagini di Riccardo Frati, sempre col sostegno dell’Associazione familiari delle vittime.
«Siamo partiti da “quest’atomo opaco del Male”, le ultime parole della poesia di Pascoli - ci spiega la professoressa Lorenzini - Ho scelto brani che testimoniano il male di vivere e altri sul male della storia, degli uomini. Ho pensato all’Infinito di Giacomo Leopardi, poesia di cui si celebrano i cento anni, e sono arrivata al Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, dove il poeta confessa che sente la vita per lui come male».
Il male storico, invece, apparirà con letture da Primo Levi, sulla persecuzione razziale, sulla guerra, da Se questo è un uomo e da I sommersi e i salvati. «Ma ci saranno brani di vari poeti che hanno trattato la guerra, da Giuseppe Ungaretti a Umberto Saba a Clemente Rebora, da Bertolt Brecht a Giorgio Caproni fino alle Variazioni belliche di Amelia Rosselli, dove ripercorre morti infinite ma anche la vicenda privata dell’assassinio del padre e dello zio a opera dei fascisti. Arriveremo fino a Andrea Zanzotto e a
un’opera poco nota di Edoardo Sanguineti, La ballata della guerra del 1982, un inno alla pace». Saranno letti anche i versi di due giovani poeti, studenti dell’Alma Mater, Diletta D’Angelo e Andrea Donaera.
«Mi interessava lavorare – interviene il regista Claudio Longhi – sul tema del rapporto tra dicibile e indicibile. Qui, davanti ai resti dell’aereo abbattuto, ti trovi a riflettere su qualcosa di spaventoso. Devi trovare toni, immagini che non risultino inappropriate a quella presenza. Si crea così una forte tensione tra ciò che può essere detto e ciò che deve essere alluso o taciuto». Lo spettacolo che vedremo, allora, è calibrato tutto sulla sottrazione: «Ho cercato di evitare ogni orpello ridondante e inutile. Da questo punto di vista la parola poetica, con la sua vertiginosa concentrazione, aiuta ad essere nel linguaggio e a uscire dal linguaggio trito». I testi poetici li ha messi a confronto con un tessuto musicale affidato al violino, «lo strumento forse più vicino alla voce umana», in una partitura che da «Christoph Willibald Gluck arriva vicino a noi, a Alban Berg, Sergej Vasil’evic Rachmaninov, György Kurtág, in dialettica continua tra suono e silenzio».
Le proiezioni, invece, giocano sul linguaggio: «Punteggiano i versi estraendone parole, vanno alle loro radici con le etimologie, giocando a contrasto con immagini di sottofondo che non vogliono essere descrittive o di situazione, perché siamo precipitati di fronte a qualcosa di indescrivibile». Una domanda a Longhi è ineludibile: se ci sono novità sul taglio (91 mila euro) subito dal nostro teatro nazionale nonostante gli ottimi punteggi ottenuti. «C’è stata una riunione alquanto turbolenta dell’associazione dei teatri stabili, “Platea”. Credo ci sia un vizio di sistema, se tante strutture con buoni risultati sono penalizzate. Per ora abbiamo chiesto un’integrazione di fondi al Ministero e deliberato un gruppo di studio per individuare possibili meccanismi correttivi».