Pentito pestato, polemica sulle falle Libera su Aemilia «Politici mai in aula»
C’è un appello chiaro e diretto allo Stato, affinché protegga i testimoni di giustizia, ed è quello che ha fatto il procuratore nazionale antimafia, Federico De Raho, intervenendo sul pestaggio di Paolo Signifredi, il pentito della ‘ndrangheta, nonché commercialista e contabile del Grande Aracri: «È molto grave che si sia verificato un episodio di questo tipo, lo Stato ha il dovere di garantire la sicurezza di chi collabora, dei testimoni di giustizia e di chi ha dimostrato la propria vicinanza con la denuncia — non ha usato mezzi termini il procuratore nazionale antimafia, a margine dell’incontro con gli studenti a Palermo —. Bisognerà comprendere come ciò sia avvenuto, diverse invece sono le modalità attraverso le quali si garantisce l’incolumità a chi è vicino allo Stato e collabora». Quello che è avvenuto è un pestaggio in pieno giorno, con un referto da 30 giorni di prognosi per il 53enne parmense, che dopo aver collaborato in diversi processi contro le famiglie calabresi di cui è stato contabile in passato, aveva ottenuto una protezione. Avrebbe dovuto essere al sicuro in un luogo segreto ma evidentemente ci sono state gravi falle nel sistema di protezione. È stato raggiunto sull’uscio di casa da tre persone che l’hanno pestato. Dopo le botte le minacce: «Quando ti riprendi rettifica tutte le dichiarazioni che hai fatto». La notizia dell’agguato è trapelata lunedì, quando Signifredi non si è presentato all’udienza a Reggio Emilia del processo su una frode fiscale da 130 milioni di euro nella compravendita di acciaio, che vede come imputato anche Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. Sul grave episodio è intervenuto anche il deputato di LeU Nicola Fratoianni che ha chiesto al ministro dell’Interno Marco Minniti e a quello della Giustizia Andrea Orlando di «spiegare come sia potuto accadere. Lo Stato ha il dovere di assicurare la protezione a chi contribuisce a lottare e a sconfiggere la criminalità organizzata». E sugli sgoccioli del processo Aemilia contro la ‘ndrangheta arriva un pesante giudizio dal presidente regionale di Libera, Daniele Borghi, che rimprovera al mondo economico e politico la bassa partecipazione alle udienze in tribunale a Reggio Emilia: «Noto una mancanza delle istituzioni: a parte qualche sindaco che è venuto qualche volta, quel mondo è completamente assente». E poi «manca il mondo imprenditoriale e dell’economia che è quello che è stato più danneggiato dall’azione di questi signori eppure loro non ci sono».