Unibo ci riprova: lauree collettive
Sperimentazione per dieci corsi triennali. Tasse, stangata agli studenti più ricchi
A novembre sarà sperimentata ancora una volta una cerimonia per la proclamazione collettiva delle lauree triennali. Dopo il naufragio di quella in Santa Lucia, avviata dal rettore Ivano Dionigi, ora Francesco Ubertini ci riprova. Solo per dieci corsi in realtà, su base volontaria, coinvolgendo così 700 studenti. Per vedere se la formula funziona e può essere allargata. Intanto si sta definendo la revisione del sistema di tassazione visto che quella applicata quest’anno, con la no tax area fissata a 23 mila euro, è generosa ma costa alle casse di Unibo almeno 15 milioni di euro e non può reggere nel tempo.
Iniziamo dalle lauree. Come noto da tempo, le feste che seguono le proclamazioni nelle scuole attorno a piazza Verdi si trasformano spesso in baraonde con parenti al seguito, schiamazzi e quintali di bottiglie e immondizia lasciati in strada e sotto i portici. Nel 2012 Dionigi sperimentò nell’aula magna di Santa Lucia una cerimonia con 150 laureati e 900 parenti al seguito. Una formula vincente al momento ma probabilmente difficile da replicare per i grandi numeri di Unibo. Ieri il Senato accademico ha dato il via libera a una nuova prova. «Con l’obiettivo di valorizzare uno
dei momenti più importanti della vita accademica, uniformando lo svolgimento finale di laurea tra tutti i corsi dell’Alma Mater», spiega una nota. Si terrà in novembre nella sedi universitarie di via Andreatta e al Navile, coinvolgendo inizialmente solo una decina di corsi di laurea a Bologna e i circa 700 studenti potranno partecipare, su base volontaria, invitando fino a un massimo di 10 persone. Il momento della proclamazione sarà organizzato in più sessioni nell’arco della giornata e il presidente della commissione
proclamerà ciascun studente con formula di rito. Se funziona sarà esteso a tutti i laureandi.
Passiamo invece alle tasse. Il primo anno di riforma ha lasciato in dote all’Ateneo 15 milioni di euro di mancate entrate. Almeno, visto che i conti definitivi non ci sono ancora. «È più di quanto avevamo previsto», ammette il rettore Francesco Ubertini, intenzionato a non toccare la no tax area, che deve «rimanere un caposaldo della manovra». «Indietro non vorrei tornare», dice il rettore che allo stesso
tempo vuole «mantenere un’attenzione» in favore dei redditi medio-bassi. La strada è quella di «alzare i massimali», facendo pagare di più a chi ha di più.
Quest’anno gli esonerati totali o parziali sono raddoppiati rispetto all’anno scorso, da circa 16.700 a 33.394. Di questi, 20.190 non hanno pagato un euro di tasse. «Ho il sentore, anche guardando gli altri atenei, che l’anno prossimo questo numero crescerà ancora», spiega Ubertini. Da qui la necessità di correre ai ripari. «L’unico elemento che abbiamo a disposizione è alzare i massimali», cioè aumentare le tasse per gli studenti con redditi oltre i 60.000 euro o che non presentano l’Isee. Tra le ipotesi c’è quella di uniformare i livelli di tassazione in base all’Isee, quindi solo in base al reddito senza più differenze tra i singoli corsi di studio. E di aumentare di 500 euro la tassa a chi paga di più.
La proposta verrà discussa domani dal Consiglio degli studenti. Il passaggio definitivo sarà quello di martedì prossimo quando la riforma sarà esaminata prima dal Senato e poi dal Consiglio d’amministrazione.