Seggi e scuole chiuse: polemica
Lezioni ferme anche martedì 6 marzo. I presidi protestano, Braga: trovare altri spazi
«Scuole chiuse troppi giorni, è un danno economico e sociale». Il voto, che richiederà l’uso di molti edifici fino al 6 marzo, scatena la rivolta dei presidi, allineati al collega del Salvemini Carlo Braga, sfogatosi su Facebook. «Il prefetto trovi soluzioni diverse».
Carlo Braga Ho cinquanta famiglie che dovranno stare a casa con i figli disabili, rimango sempre molto colpito che nessuno se ne preoccupi L’eccezione A Granarolo non chiuderà nessun istituto: si voterà in un centro servizi
«La scuola non è mai stata chiusa due giorni dopo le elezioni. Bisogna trovare altri spazi, non si può andare avanti così». A scoperchiare per primo il vaso di Pandora sulle prossime elezioni del 4 marzo, usando Facebook, è stato l’altro giorno il dirigente dell’Itc Salvemini di Casalecchio di Reno, Carlo Braga. Che non ha usato mezzi termini per protestare contro l’utilizzo delle scuole come sedi di seggi elettorali dal pomeriggio di venerdì 2 marzo alla sera di martedì 6 marzo. «Tre giorni di interruzione dell’attività didattica — attacca Braga — sono un danno economico e sociale. Il danno sarà per gli studenti più deboli e per i genitori dei più piccoli o degli studenti disabili che saranno costretti, a loro volta, a interrompere il proprio lavoro». Ed entra nei dettagli: «Ho 50 famiglie che dovranno stare a casa con i figli disabili, rimango sempre molto colpito che nessuno se ne preoccupi».
A rispondergli sui social sono i colleghi presidi. Tutti allineati. E non è escluso che dopo le elezioni, che quest’anno richiederanno un’occupazione dei locali scolastici più dilatata, i dirigenti scolastici tornino a bussare alla porta del prefetto. «Qualche anno fa — spiega il presidente di Asabo (l’associazione scuole autonome di Bologna) e dirigente dello scientifico Fermi, Maurizio Lazzarini — in un anno particolarmente ricco di votazioni, andammo in delegazione in Prefettura per chiedere di trovare una soluzione alternativa all’utilizzo delle scuole, ma non si mosse nulla. Servirebbe uno studio serio per trovare luoghi alternativi, in Europa l’uso delle scuole come seggi è assolutamente residuale. Come Asabo chiediamo quindi che si affronti presto la situazione». Anche se il Fermi, a differenza del Salvemini (cha lascerà a casa 1.400 studenti e chiuderà una scuola da 6 mila metri quadrati per mettere a disposizione sei aule e un bagno) riuscirà parzialmente a funzionare: «Abbiamo un edificio con due ali — dice Lazzarini — e un’ala funzionerà consentendo agli studenti delle quinte di frequentare».
In provincia qualche Comune è riuscito ad attrezzarsi diversamente. Come Granarolo, dove le votazioni si svolgono in un centro servizi: nessuna scuola chiusa dunque. Lì vive Alessandra Francucci, dirigente del Sabin e del comprensivo di Minerbio. «Se i seggi chiudono di domenica — dice la preside — avrebbero fatto meglio ad accorciare i tempi di chiusura delle scuole. È un disservizio, bisogna chiedere delle soluzioni alternative, anche se mi rendo conto che può essere molto complicato».
Sergio Simoni dovrà chiudere alcuni edifici dell’Ic 8 in Saragozza e il comprensivo di Minerbio. «Condivido la protesta di Braga. Si potrebbero magari usare le palestre — dice il preside — che sono spesso corpi separati. La verità è che abbiamo una procedura che va avanti da anni e che nessuno vuole toccare per l’ansia che la gente non vada a votare. C’è una sorta di inerzia che causa molti disagi».
Nel comprensivo di Ceretolo, a Casalecchio, resteranno a casa solo i ragazzini delle medie. Ma il dirigente Fulvio Buonomo non ha dubbi: «Noi presidi vorremmo tutti avere a disposizione le aule prima». Filomena Massaro, dirigente dell’Ic 11 e dell’Ic 12, in passato ci ha provato a cambiare le cose: «Un anno ho scritto al Comune chiedendo di poter utilizzare almeno parzialmente una delle scuole chiuse per fare dei doppi turni di lezione tra primaria e secondaria. Mi risposero che era troppo costoso cambiare le schede elettorali. Mi chiedo perché non usare le caserme o altri spazi: mettendosi a tavolino si potrebbero trovare altre soluzioni anche in città. Ma la vera domanda è quale valore si voglia dare alla scuola».