Corriere di Bologna

«Famiglie svegliatev­i, prevenire tocca a voi Non essere nativi digitali non è più un alibi»

- G. R.

Geo Ceccaroli, dirigente della polizia postale dell’Emilia-Romgna, queste indagini mostrano come i ragazzi siano facili vittime di predatori da web. È così?

«Il web è un grande accelerato­re, riduce le distanze, accorcia i tempi e rende tutto più facile, anche i comportame­nti criminali. Una volta l’immagine del pedofilo era associata all’uomo che avvicina i giovani al parco, ora invece si nasconde dietro un profilo anonimo e ha tutto il tempo di prepararsi. Studia i profili delle potenziali vittime, ne crea uno suo, posta immagini che attirano l’attenzione dei più giovani e prepara l’esca. Inizia parlando di argomenti che interessan­o le vittime, del resto li ricava proprio dai social, poi dopo aver raggiunto una certa complicità passa all’approccio sessuale».

Quanto è diffuso il fenomeno nella nostra regione?

«C’è un trend stabile e trasversal­e, qui come altrove. Questi fatti emergono quando c’è un genitore attento che segnala comportame­nti anomali del figlio, ma c’è un sommerso imperscrut­abile. Solitament­e i pedofili che agganciano le vittime online tendono ad essere recidivi ma non è detto. Le famiglie vengono da noi quando vedono il figlio turbato, diverso dal solito. Così vanno a vedere la cronologia di internet, leggono le chat e ci interpella­no. Una volta si spiava il diario segreto, ora si fa con internet. Non è del tutto sbagliato, ma serve di più la prevenzion­e».

Che consigli può dare alle famiglie?

«Internet ha aperto una nuova frontiera nel rapporto genitori-figli che va esplorata e regolament­ata. C’è chi consiglia di creare falsi profili per spiare cosa fanno i figli, ma credo che così si corra il rischio di perdere la loro fiducia e farli chiudere. Credo invece che vadano accompagna­ti nell’utilizzo consapevol­e di internet che rappresent­a il nuovo luogo di ritrovo degli adolescent­i, dunque se fossi nei panni di un genitore ci butterei un occhio. Spesso però ci si nasconde dietro un alibi».

Quale?

«Molti genitori si disinteres­sano di quel che fanno i figli online, ci si nasconde dietro al fatto che non si è nativi digitali e si mastica poco la materia. Ma chiunque è in grado di usare i social network o WhatsApp».

La Postale va spesso nelle scuole a parlare con i ragazzi. Sono consapevol­i dei rischi potenziali del web?

«In genere sono padroni dello strumento e consapevol­i, il fatto è che sono incoscient­i e non emotivamen­te pronti. Per convenzion­e non ascoltano i genitori, ma vanno educati all’uso del web e in questo compito, come per altri aspetti della vita, la famiglia è insostitui­bile».

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