«Più dei tagli, pesa il sentimento anti-casta»
C’è voluto molto tempo ma forse la politica locale un po’ di cura dimagrante l’ha fatta. Che ne pensa?
«La riduzione delle poltrone c’è — spiega il politologo Salvatore Vassallo — e questa riduzione è stata voluta ma è stato anche un processo fisiologico, sia per rispondere alla domanda di sobrietà e sia perché sono state intaccate posizioni che non avevano alcuna giustificazione. Poi vale per la politica quello che ha riguardato tutti: i cambiamenti tecnologici hanno ridotto il bisogno di posizioni di intermediazione. Basta osservare quello che succede nei Comuni, è più semplice amministrarli perché ci sono servizi standardizzati, le informazioni circolano molto rapidamente. Credo comunque che sia giusto che la politica si sia adeguata».
C’è chi, a taccuini chiusi, dice che se la politica è poco più che volontariato e non offre anche una prospettiva di carriera, i migliori se ne vanno e restano solo quelli che non hanno alternative sul mercato. Esagerato?
«Il problema principale non lo vedo determinato né dalla riduzione del numero dei posti, né da quello dei compensi perché chi decide di fare un’esperienza politica lo fa anche per motivi più nobili. Il problema piuttosto è che c’è una generale riprovazione nei confronti della politica e della cosa pubblica e che oggi manca quel riconoscimento sociale che c’era in altri periodi».
Crede che ci sia un legame tra il calo delle tessere e questa diminuita influenza del partito nel consentire un buon posto in politica?
«Il partito ha sempre avuto una fortissima organizzazione che, inutile negarlo, è stata anche consentita dal fatto che rappresentava un sistema di collocamento e di ascesa sociale alternativo al mercato e al mondo dell’istruzione».