Venete, la promessa di Padoan e Ue: «Soluzione vicina, senza bail-in»
Ex popolari, ricapitalizzazione precauzionale prima via. Ipotesi spagnola ultima spiaggia
Ex popolari, Tesoro e Commissione europea assicurano che il salvataggio è chiuso. «La soluzione è ormai prossima». Il comunicato del ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, ieri, parte alle 9.35. Per tempo rispetto al consiglio di amministrazione di Bpvi, che scatta a Vicenza alle 11. In ballo c’è la ricapitalizzazione con i soldi dello Stato che non va avanti, per la richiesta dell’Ue di avere altri 1,2 miliardi di euro da fonti private. Il risultato è lo stallo che sta prosciugando in questi giorni Bpvi e Veneto Banca, esponendo a pesanti rischi legali i due cda. A Vicenza si sa che, in mancanza di impegni concreti, la linea che potrebbe prevalere è di far partire la lettera a Bce, per chiedere se non sia il caso di far scattare la risoluzione. Un modo per tutelarsi e mettere pressione verso una soluzione. Il rischio a cui è esposta Veneto Banca, con i 150 milioni di bond subordinati da restituire il 21 giugno, è da scuola. Quei bond sono tra quelli che andrebbero convertiti con la ricapitalizzazione con i fondi statali, che però non arriva. Così il rischio è di doverli restituire, senza la certezza che non scatti subito dopo una liquidazione. Con i rischi di finire accusati di bancarotta preferenziale.
Rischi pesanti. Ma la lettera a Francoforte viene accantonata, dopo il comunicato del ministro. Padoan, «in relazione all’andamento delle discussioni in corso su Veneto Banca e Popolare di Vicenza», afferma che «la soluzione è ormai prossima» e che «le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incoraggianti». E ripete poi che «la soluzione non contemplerà alcuna forma di bail-in» e che «obbligazionisti senior e depositanti saranno in ogni caso pienamente garantiti». Impegno confermato in tarda mattinata dal Portavoce della Commissione europea, che in una nota sostiene che «Commissione, vigilanza bancaria Bce e autorità italiane lavorano fianco a fianco, per una soluzione sulle due banche, in linea con le regole Ue, senza un bail-in che coinvolga gli obbligazionisti privilegiati. I depositanti saranno pienamente tutelati in ogni caso». «Lavoriamo strettamente con le autorità italiane», conferma il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis.
Chiaro che non sono ancora gli impegni concreti chiesti a Vicenza. Ma chiaro anche che un impegno incrociato di quel peso di governo e Commissione Ue va considerato come tale. Soprattutto se è la prima volta che anche Bruxelles esclude il bail-in. Il cda di Bpvi si riunisce. Da Roma non arrivano altri documenti ufficiali. I consiglieri ascoltano la relazione dell’amministratore delegato Fabrizio Viola, per cui la soluzione è a portata di mano. L’opzione della lettera in Bce viene accantonata, pur se si starebbe comunque valutando una missiva per chiedere tempi brevi. Stessa fine per l’ipotesi adombrata in questi giorni delle dimissioni: «Non se n’è neppure discusso. Ci hanno dato tutte le rassicurazioni che volevamo, a questo punto siamo a posto. Tranquilli per i nostri colleghi e clienti», dice il vicedirettore generale, Gabriele Piccini, all’uscita dalla banca. «Il comunicato del ministro Padoan, seguito da quello Ue, ci ha rassicurati e anche il mercato ha preso bene la cosa: i bond senior hanno recuperato il 10%», aggiunge il presidente, Gianni Mion.
Fin qui le rassicurazioni. Pur se resta che il salvataggio deve ancora infilare l’ultimo chilometro. La trattativa con l’Ue sull’ammontare dei fondi privati necessari, con il tentativo di ridurli da 1.200 a 650 milioni, è ancora da chiudere. Fino ad allora la chiamata del Tesoro alle banche e il negoziato per suddividere il peso dell’intervento, che potrebbe avere come contropartita una revisione delle regole sui crediti fiscali differiti, resterà in attesa. Anche a banche fredde su un nuovo impegno, come Ubi e Banco Bpm, che nel cda di ieri ha ceduto sofferenze per 690 milioni ad Algebris, senza discutere del caso venete.
A confermare la situazione, anche l’esito del cda di Intesa Sanpaolo, il colosso bancario con Unicredit architrave dell’intervento nelle venete. Al di là di un’informativa e dell’espressione di una disponibilità generica sull’intervento il cda non è potuto andare. «Il dossier è aperto. Presidente, amministratore delegato e intero cda stanno seguendo il dossier con attenzione, competenza e senso di responsabi-
lità istituzionale», ha riassunto efficacemente il consigliere veneto, Giovanni Costa.
Pur se la soluzione non appare imminente, il quadro entro cui ci si muove è già chiaro con il comunicato del Tesoro. «La precauzionale (la ricapitalizzazione trainata dai fondi statali, ndr) resta la via maestra», dice il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta. È la via principale permessa dall’idea di coinvolgere solo i bond subordinati; ma è chiaro che, entro gli stessi confini, e da quel «in ogni caso» del comunicato del Tesoro, resta sullo sfondo come extrema ratio la soluzione spagnola di affidare le due venete a Unicredit e Intesa. In un quadro che per alcuni potrebbe toccare un punto fermo entro lunedì prossimo, resterebbe poi da vedere l’assetto di governo delle due banche con una nuova proprietà suddivisa tra Stato, quel che resta di Atlante, e il nuovo intervento privato, forse destinato a passare dal braccio volontario del Fondo interbancario o, secondo altri, da un veicolo in cui entrerebbero subito Unicredit e Intesa, e poi gli altri istituti, per tagliare i tempi. L’altra questione sullo sfondo è capire quanto la fusione tra Bpvi e Veneto Banca, voluta da Atlante, venga confermata. Oltre le indiscrezioni contrapposte, l’impressione che decisivo per confermare o modificare lo scenario sarà l’interesse degli investitori che si presenteranno poi davvero a mettere un capitale privato mai come stavolta prezioso.