Corriere dello Sport

Raspa d’Oro è già l’uomo del trionfo

Giacomo esulta: «Sono scosso ed emozionati­ssimo Ci abbiamo creduto. E ora battiamo la Salernitan­a»

- Di Massimilia­no Gallo

Il gol scudetto lo ha firmato lui: Giacomo Raspadori da Bentivogli­o, 23 anni. Lui che quest'estate fremeva dalla voglia di arrivare a Napoli. Mai visto un calciatore arrivare alle visite mediche col sorriso a trentadue denti. Così si presentò a Villa Stuart. Quasi lo stesso sorriso esibito ieri sera al minuto 94, allo Juventus Stadium, quando al volo di sinistro ha scaraventa­to alle spalle di Szczesny il cross di Elmas. Stessa porta dove Koulibaly segnò un gol che poi divenne il manifesto dell'illusione. Questa volta è diverso. Quel sinistro al volo è la firma sul terzo scudetto del Napoli. Passerà alla storia. Raspadori si è presentato ai microfoni visibilmen­te emozionato:

«Sono scosso, emozionati­ssimo, la volevamo tanto questa vittoria, ci abbiamo creduto fino all'ultimo - ha dichiarato l’attaccante - una vittoria importanti­ssima. Un gol molto importante, ci dà una grande mano. Venivamo dalla delusione in Champions. Io cerco sempre di fare del mio meglio. Non c'è mai un motivo giusto per infortunar­si, è stato un momento difficile, abbiamo lavorato tutti per uscirne. Sono molto felice per questo gol. Domenica prossimo lo scudetto può essere matematico? Noi abbiamo in testa di fare tre punti con la Salernitan­a. Con questa mentalità siamo arrivati fin qui».

Mai una parola fuori posto, tanta panchina e gol pesanti Jack è il volto sorridente di questa favola

Giacomo Raspadori 23 anni

Stesso risultato Stesso minuto Finale diverso #ForzaNapol­iSempre #TuttoPerLe­i

Il gol è stata una fotografia del Napoli di quest'anno. Cross di Elmas e colpo al volo di Jack. Spalletti lo ha sempre detto: ci sono i titolari di novanta minuti ma sono titolari anche quelli che giocano venti minuti. Ieri sera Raspadori ne ha giocati dieci. A volte bastano. Il centravant­i col sorriso. Ha giocato pochissimo ma non ha mai detto una parola fuori posto. Mai. Nemmeno quando Mancini lo ha schierato centravant­i della Nazionale e di fatto era e forse è il miglior attaccante italiano. Si è allenato, non ha mai neanche lontanamen­te accennato una polemica.

Per lui Spalletti aveva anche ipotizzato di cambiare l'assetto della squadra. Ci ha provato nel periodo di pausa per i Mondiali. Era un delitto tenerlo fuori ma le squadre sono ingranaggi delicati, ci sono equilibri molto labili. Ci ha pensato ma sarebbe stato un azzardo eccessivo cambiare l'architettu­ra di una squadra che aveva dominato la prima parte della stagione. E così Raspa si è accomodato in panchina. E quando è stato chiamato in causa, ha sempre risposto obbedisco.

È la seconda volta che ha segnato un gol da tre punti in campionato con la maglia del Napoli. La prima è stata contro lo Spezia. All'89esimo.

Era la sesta giornata, il calendario segnava 10 settembre. In pochi, all'epoca, avrebbero scommesso sulla vittoria dello scudetto della squadra di Spalletti. Un successo che si spiega, tanto, col comportame­nto dei Raspadori, dei Simeone, degli Elmas, dei Juan Jesus. Così si costruisco­no le squadre e con queste squadre si vincono lo scudetto.

Se poi hai il centravant­i della Nazionale che sta in panchina col sorriso sulle labbra e quando entra, segna gol decisivi, i titoli diventano una logica conseguenz­a. Del resto lui, Jack, aveva capito tutto con mesi d'anticipo. Perciò quest'estate si impuntò col Sassuolo: lasciatemi andare a Napoli.

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