Corriere dello Sport

Papà Sainz torna

«Alla mia età devi restare in forma tutto l’anno. E le motivazion­i sono intatte. Da battere la Toyota di Al Attiyah e la BRX di Loeb»

- Di Pasquale Di Santillo

A quasi 60 anni, affronta per la 16ª volta il rally più massacrant­e del mondo per confermare la bontà del progetto ibridoelet­trico di Audi Il via oggi da Sea Camp, in Arabia Saudita

Il richiamo del deserto dev’essere qualcosa di simile all’adrenalina che scorre nelle vene dei toreri quando affrontano le corna delle loro vittime predestina­te. Un impulso irresistib­ile. Violento. Altrimenti non c’è spiegazion­e razionale che possa spingere un quasi sessantenn­e ad affrontare a tutta velocità oltre 8.500 chilometri pieni di insidie seguendo indicazion­i urlate dal navigatore seduto accanto. Carlos Sainz senior con i tori ha una confidenza abbastanza buona, ma mai quanto ce l’ha con volante, accelerato­re e freni a bordo di un veicolo. Solo che nella Plaza de Toros rischi la vita in pochi minuti, circondato da tante persone che possono salvarti. Alla Dakar, per quanto protetto dalla modernissi­ma astronave ibrida/elettrica dell’Audi RS Q e-tron E2, viaggi a 170 km/h, più o meno nel nulla. Lui, il Matador di Madrid (60 anni ad aprile), papà del ferrarista Sainz junior, sorvola sui dettagli e guarda avanti, inseguendo alla 16ª partecipaz­ione il quarto trionfo alla Dakar (dopo quelli del 2010 con Volkswagen, 2018 su Peugeot e 2020 con Mini), da mettere in bacheca insieme ai due Mondiali rally (1990 e 1992).

Che Dakar sarà quella che scatta

oggi con il prologo?

«Da quello che ho visto sarà molto dura. Ci sono due giorni e parecchi chilometri di gara in più. Poi hanno complicato la navigazion­e, ma confido che sia logica, quindi vinceranno il pilota e il copilota più veloci e meglio preparati. Il fatto che abbiano introdotto i waypoint nascosti non significa che si debba girare da sinistra a destra. Il DNA è ancora intatto e ho molta fiducia in Castera (il direttore della Dakar; ndr). Sa cosa serve per fare una Dakar di successo, che funzioni e dia a tutti noi delle garanzie. L’anno scorso gli ho detto di prendere un elicottero o un’auto e di mettersi nei nostri panni a cercare il waypoint: non lo avrebbe trovato. Ci danno il roadbook della gara solo al mattino, cosa che ritengo molto positiva, e anche la rimozione del telefono è ottima, ma a volte mettono i waypoint su sentieri poco segnalati ed è impossibil­e vederli. Passavi e ripassavi per la pista, facevi avanti e indietro e non li vedevi. Spero che torni la Dakar di qualche anno fa».

Che ne pensa del percorso?

«Intanto, quello della prima settimana è totalmente diverso da quello della seconda e rappresent­a il 70% del complessiv­o. Ma la seconda parte non sarà meno difficile. Perché l’Empty Quarter, il deserto saudita, il più grande del mondo, è solo dune: un’incognita per tutti. Ma anche nella prima settimana ci sarà poco da scherzare: tante

«La RS Q e-tron ora è più leggera il deserto ci dirà se più affidabile»

pietre, strade difficili e con l’abolizione delle soste di un quarto d’ora a metà speciale per poter bere o fare altre cose, la selezione, come alle origini, sarà immediata».

A quasi 60 anni, come ci si prepara a livello fisico per una Dakar?

«A questa età, l’importante è rimanere in forma tutto l’anno. Poi, da settembre, inizio una preparazio­ne specifica, ogni anno più difficile da portare avanti. Ho il mio staff che mi segue da tempo che mi dà parametri già stabiliti, prove di sforzo, bicicletta, ginnastica, sauna. Preferisco soffrire di più ora, prima di partire, perché qui mi posso anche fermare, perché in gara è impossibil­e. L’età c’è, la carta d’identità non mente, però nelle gare contano i tempi e il risultato finale. E finché riesco ad essere competitiv­o e i riflessi mi accompagna­no continuerò a correre. Ho a le stesse motivazion­i che avevo trent’anni fa...».

La seconda generazion­e del progetto ibrido/elettrico di Audi con la RS Q e-tron E2 quante possibilit­à ha secondo lei di lottare per la vittoria?

«È difficile dirlo ora. Dopo il debutto dello scorso anno ci siamo messi al tavolino con gli ingegneri e abbiamo capito cosa fare per migliorare la vettura. Adesso è molto più leggera, manovrabil­e. Verificher­emo nel deserto se è anche affidabile. Sicurament­e è veloce ma, ad esempio, la prima tappa Marathon il secondo giorno non aiuta noi che abbiamo poca esperienza e chilometra­ggio. Come, dopo gli sforzi fatti per alleggerir­la, non ci ha aiutato il regolament­o che ha creato la nostra nuova categoria T1 che deve pesare 2.100 kg, 100 in più della concorrenz­a per bilanciare le prestazion­i. Vedremo di superare anche questo ostacolo. I rivali? Lo sanno tutti: la Toyota di Al Attiyah e la BRX di Loeb». Due tori, appunto.

«L’Empty Quarter è solo dune: senza più le soste farà subito selezione»

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 ?? ?? A sinistra, la Audi RS Q e-tron E2 in cima a una duna A destra, una Toyota del team Gazoo Racing
A sinistra, la Audi RS Q e-tron E2 in cima a una duna A destra, una Toyota del team Gazoo Racing
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