Corriere dello Sport

Aggrappati all’orgoglio

Lui è fatto così: soffrire fino alla fine E aggrappars­i a tutto. Sempre Il tecnico ha il suo metodo e anche nella notte tedesca ribadisce il marchio di fabbrica. L’Inter non molla e resta ancora in corsa: «E andiamo!»

- di Roberto Perrone

Non possiamo non dirci contiani, malgrado tutto, malgrado le sue contraddiz­ioni, perché è un allenatore che sa trasformar­e le squadre.

Non possiamo non dirci contiani, malgrado tutto, malgrado le sue contraddiz­ioni, perché è un allenatore che sa trasformar­e le squadre, se non altro riesce a farle stare lì, aggrappate a ogni zolla, fino all’ultimo. Ci riesce anche in questa notte tedesca umida e fredda, spingendo l’Inter più in là, oltre un’eliminazio­ne anticipata che sarebbe stata devastante. Non è finita, ma il suo urlo “e andiamo” ha il tono della riscossa nei confronti dell’Europa, per lui matrigna. Il destino di Antonio Conte è isolazioni­sta, non per scelta, certamente, ma qualcosa non funziona nei suoi rapporti con le Coppe e la Champions in particolar­e, sempre come una montagna tropo alta da scalare. Però Conte è ancora aggrappato alla parete. Magari la sua Inter non è solida, granitica come la sua Juventus, però non è neanche quella flaccida e sperduta, distratta e rinunciata­ria che abbiamo negli anni prima di lui.

Non possiamo non dirci contiani, noi che andammo a sentire il suo primo “pronunciam­iento”, nel senso spagnolo del termine, cioè ribellione, rovesciame­nto. Non lo sapevamo ancora, ma le sue prime parole da allenatore della Juventus erano l’inizio di un colpo di stato che rovesciò il regime da cui era oppressa Madama a quei tempi, e cioè l’allegria della sconfitta, così inusuale per la Signora Omicidi (copyright Gianni Brera). Avvertimmo qualcosa di diverso, anche se nessuno, forse neanche lui, poteva prevedere che la riscossa si manifestas­se proprio dal primo l’anno. E invece, Conte cominciò proprio da lì, collettivi­zzò il senso identitari­o, un sentimento scaduto come un cibo andato a male, lo trasformò a tal punto che è diventato il suo marchio di fabbrica. Se l’è portato appresso ovunque, in Nazionale dove arrivò a un rigore dalla semifinale dell’Europeo con Giaccherin­i trasformat­o in Giaccherin­ho. Poi al Chelsea. Ora qui all’Inter, che sta reagendo all’apatia e alla noia come mai aveva fatto prima di lui.

E’ vero che qui fa un po’ più di fatica, anche se la prima stagione è finita con un secondo posto e una finale europea, la sua prima personale, la prima nerazzurra dal 2010, anno di grazia della Tripletta. Ecco, dopo questa premessa, veniamo alle difficoltà in Champions, in cui il massimo risultato ottenuto da Votantonio è il quarto di finale del 2013 dove la Juventus fu abbattuta dal Bayern Monaco che si consegnò a Pep Guardiola avendo appena ottenuto Bundesliga, Coppa di Germania e Champions (ai danni del Borussia Dortmund di Klopp). C’è qualcosa che blocca il collettivi­smo contiano in Europa. Sicurament­e gli episodi, come il gol preso proprio nel finale di primo tempo, il palo di Lautaro, il secondo gol del Borussia arrivato quando la squadra, dopo il 3-1, ha il controllo della partita.

Conte è realista. Lo abbiamo sentito ripetere quello che disse nel dicembre 2013 a Istanbul, quando venne eliminato dal Galatasara­y di Roberto Mancini in un match lungo due giorni, sospeso per neve e ripreso l’indomani, con i turchi che ararono la metà campo su cui avrebbe dovuto attaccare la Juve e rizollaron­o alla perfezione quella dove erano loro a farlo. Conte, più o meno disse: se siamo arrivati a rischiare di uscire, non ci possiamo lamentare, siamo stati noi a ficcarci in questo imbuto. A Moenchengl­adbach, alla vigilia, lo stesso concetto: «Eravamo arbitri del nostro destino, se non lo siamo più significa che siamo mancati in qualche situazione». L’Inter può uscire ancora (da tutto), ma almeno resta un pezzo di speranza a cui aggrappars­i, almeno c’è un’altra partita da giocare. Anche se la Champions è matrigna, la versione di Conte è sempre la stessa: esserci, fino all’ultimo.

 ?? GETTY ?? La forza del gruppo Inter e una vittoria che può pesare
GETTY La forza del gruppo Inter e una vittoria che può pesare

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy